I marchi collettivi DOP RICONOSCIUTE DALLA UE
DOP IN CORSO DI REGISTRAZIONE PRESSO LA UE CON PROTEZIONE TRANSITORIA NAZIONALE
DOP IN FASE DI ISTRUTTORIA MINISTERIALE
IGP REGISTRATE DALLA UE (Reg. CEE 2081/92)
IGP IN CORSO DI REGISTRAZIONE PRESSO LA UE CON PROTEZIONE TRANSITORIA NAZIONALE IGP IN FASE DI ISTRUTTORIA MINISTERIALE
OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA Cilento DOPDescrizione del prodottoL'olio "Cilento" DOP si
ottiene dalla premitura di olive delle varietà Pisciottana, Rotondella,
Ogliarola, Frantoio, Salella e Leccino per almeno l' 85%; possono,
inoltre, concorrere altre varietà locali presenti nell'area di
produzione in misura non superiore al 15%. L'olio “Cilento” DOP è
il frutto dell'armonizzazione delle più moderne tecnologie di
lavorazione con una tradizione millenaria. A livello agronomico,
particolare cura è posta durante le fasi della raccolta, del trasporto e
della conservazione delle olive. Per essere ammesse alla produzione di
olio DOP le olive devono essere raccolte rigorosamente a mano; è
autorizzato l'ausilio di mezzi agevolatori meccanici, come scuotitori e
pettini vibranti; le reti sono ammesse esclusivamente per agevolare le
operazioni di raccolta, che deve essere effettuata entro il 31 dicembre
di ogni anno. Cenni storiciLa presenza dell'olio
caratterizza da secoli il paesaggio cilentano e ne rappresenta la
principale, e talvolta unica, risorsa delle popolazioni locali, tanto da
divenire parte integrante della loro vita quotidiana. Area di produzioneLa zona di produzione e di lavorazione dell'olio DOP "Cilento" comprende 62 comuni, posti a sud della provincia di Salerno, tutti inclusi nell’area del Parco nazionale del Cilento e del Vallo di Diano e tutti caratterizzati dalla presenza di olivi secolari, che rappresentano l'elemento dominante del paesaggio. Dati economici e produttiviNell'area della DOP “Cilento” l'olivicoltura interessa complessivamente oltre 18 mila ettari, pari al 30% circa del totale regionale e quasi al 50% circa della sola provincia di Salerno. Le aziende agricole a destinazione olivicola della zona sono circa 19 mila. Nella campagna di produzione olearia del 2004 risultano iscritti al registro della DOP “Cilento” n. 255 aziende agricole per complessivi 1300 ettari circa di oliveti, con una produzione conferita alla molitura di 6.925 q.li di olive. La produzione di olio certificato DOP nella campagna 2004 è pari a 27.100 litri prodotti in 5 frantoi iscritti al registro. I dati confermano una lenta ma costante ascesa, iniziata nel 1999, prima annata di certificazione. RegistrazioneLa Denominazione di Origine Protetta (D.O.P.) “Cilento” è stata riconosciuta, ai sensi del Reg. CE n. 2081/92, con Regolamento (CE) n. 1065/97 (pubblicato sulla GUCE n. L 156/97 del 13 giugno 1997). Il riconoscimento nazionale è avvenuto con DM 6 agosto 1998, pubblicato sulla GURI n. 193 del 20 agosto 1998, unitamente all’allegato Disciplinare di produzione. Organismo di controlloL'organismo di certificazione autorizzato è l'Is.Me.Cert. (Istituto Mediterraneo per la Certificazione dei prodotti e dei processi nel settore agroalimentare), Centro Direzionale Is.G/1 - 80143 Napoli tel 081/7879789 fax 081/6040176 (sito web: www.ismecert.it). Consorzio di tutelaL’istanza di riconoscimento della DOP “Cilento” fu presentata a suo tempo dall’Associazione Produttori Olivicoli (APROL) di Salerno e dall’Associazione Produttori Olivicoli di Salerno. Il Consorzio di tutela è in via di costituzione. OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA Colline Salernitane DOPDescrizione del prodottoL'olio
extravergine di oliva DOP "Colline Salernitane" presenta, al consumo, un
bel colore che va dal verde al giallo paglierino più o meno intenso; è
limpido, a volte velato. All'olfatto mostra un deciso ed ampio sentore
di fruttato di oliva pulita, con discrete note di foglia verde, di erba
e di pomodoro acerbo. Al gusto rivela un sapore deciso e persistente,
gradevolmente amaro e piccante, giustamente corposo, con buona ed
equilibrata struttura e chiari sentori di carciofo, cardo e vegetali
amari. Il retrogusto è pulito. L'acidità è sempre inferiore allo 0,70%. Cenni storici
L’olio extravergine di oliva DOP “Colline
Salernitane” ha radici antichissime, in quanto deriva da varietà
autoctone da sempre presenti nel salernitano. L'olio trae la sua
tipicità proprio dalla peculiarità del territorio, dotato di
connotazioni pedoclimatiche, paesistiche, storiche, culturali ed
economiche assolutamente originali. Esso si produce in un'area
fortemente vocata alla coltivazione dell'olivo, caratterizzata da un
patrimonio varietale particolarmente ricco e originale. Area di produzione La zona di produzione e di lavorazione dell'olio extravergine di oliva DOP "Colline Salernitane" comprende 86 comuni della provincia di Salerno, presenti in una vasta area olivetata che comprende: la Costiera Amalfitana, la Valle del Calore, i Picentini, gli Alburni, l'Alto e Medio Sele, le colline del Tanagro e parte del Vallo di Diano. Dati economici e produttivi L'olivicoltura dell'area
DOP “Colline Salernitane” si estende su una superficie complessiva che
supera i 19.000 ettari e rappresenta circa la metà della superficie
olivetata provinciale e il 33% di quella regionale. Gli oliveti
insistono prevalentemente nella fascia collinare del territorio compreso
nel disciplinare, impegnando circa 25 mila aziende agricole.
Insostituibile è la funzione che l’olivo svolge nell’area, sia dal punto
di vista paesaggistico che di conservazione e caratterizzazione del
territorio. Registrazione La Denominazione di Origine Protetta (D.O.P.) “Colline Salernitane” è stata riconosciuta, ai sensi del Reg. CE n. 2081/92, con Regolamento (CE) n. 1065/97 (pubblicato sulla GUCE n. L 156/97 del 13 giugno 1997). Il riconoscimento nazionale è avvenuto con DM 6 agosto 1998, pubblicato sulla GURI n. 193 del 20 agosto 1998, unitamente all’allegato Disciplinare di produzione. Organismo di controllo L'organismo di certificazione autorizzato è l'Is.Me.Cert. (Istituto Mediterraneo per la Certificazione dei prodotti e dei processi nel settore agroalimentare), Centro Direzionale Is.G/1 - 80143 Napoli tel 081/7879789 fax 081/6040176 (sito web: www.ismecert.it). Il Consorzio per la tutela dell’olio extravergine di oliva “Colline Salernitane” è stato riconosciuto dal MIPAF con DM 04 aprile 2005 (pubblicato sulla G.U. 94 del 23.04.2005) in base all’art. 14 della legge 526/99 per la tutela, vigilanza e valorizzazione del prodotto. Il Consorzio ha sede in Battipaglia (SA) alla via Belvedere n. 10 – Tel.: 0828.944035 - fax 0828.944034. LA PASTA Nutrirsi significa rifornire l'organismo degli stessi elementi di cui è costituito e che vengono continuamente consumati. Le proteine, i grassi e i carboidrati danno un'energia al corpo umano misurabile in calorie. Ogni cibo dunque, essendo costituito dagli elementi suddetti, fornisce un certo quantitativo di calorie. L'amido, che costituisce la percentuale più alta dei carboidrati, è una fonte energetica ottimale per chi si nutre di pasta, oltre ad essere altamente digeribile. Anche l'apporto calorico delle proteine presenti nella pasta risulta buono. All'uomo adulto occorrono, in media, 2800 calorie giornaliere: il 60% dovrebbe provenire da carboidrati, il 20% da lipidi e il 10% da proteine. Quindi, la pasta è un alimento bilanciato in termini calorici. L'unico aminoacido di cui la pasta è carente è la lisina, ma un minimo condimento ha il potere di aumentare il livello di lisina originariamente carente, così da assimilare un piatto di pasta ad un cibo completo. Condimenti più ricchi possono addirittura trasformarla in un piatto unico. Pertanto, potremmo dire che la pasta non fa ingrassare, ma è indice di benessere. CHI HA INVENTATO GLI SPAGHETTI? Correva l'anno 1279 quando il notaio Ugolino Scarpa, elencando ciò che il milite Ponzio Bastone lasciava in eredità, cita tra le altre cose "bariscella una plena de macaronis" (un certo pieno di maccheroni). Ancor prima, nel 1244, un medico bergamasco promette ad un lanaiolo di Genova che l'avrebbe guarito da un'infermità alla bocca se egli non avesse mangiato né carne, né frutta, né cavoli, né pasta. Marco Polo torna a Venezia nel 1292. Il confronto di queste tre date chiarisce da solo ogni dubbio residuo: la pasta non fu invenzione cinese, gli italiani la conoscevano già prima che l'eroe de Il Milione tornasse dal suo avventuroso viaggio. Allora furono veramente gli italiani ad inventare la pasta? Pare assai azzardato cercare di imputare a tutti i costi l'invenzione della pasta perché, a nostro avviso, di invenzione non si tratta, ma piuttosto del naturale sfruttamento di una materia prima assai diffusa, il frumento. Ciò che comunque resta certo è che non fu Marco Polo a insegnarci a mangiare gli spaghetti! Ma non furono nemmeno i napoletani a dar origine alla pastasciutta. I maccheroni non sono nati a Napoli, ciò è storicamente accertato, ma in questa città hanno ricevuto senz'altro la loro massima esaltazione popolaresca. Pasta e benessere Esiste forse cibo più naturale e semplice della pasta? Semola di grano duro e acqua. Nessun conservante perché è l'essicazione del prodotto estruso che permette un'indefinita conservabilità, nessun colorante. COME RICONOSCERE UNA BUONA PASTA Da un attento esame del prodotto crudo possiamo dire di essere in presenza di una buona pasta se: - l'aspetto è uniformemente liscio ed in trasparenza non appaiono rugosità, "puntature" od ombre scure; - il colore è di un limpido e inconfondibile giallo ambrato; - non si rileva nessun odore; all'assaggio, parliamo ovviamente sempre di pasta cruda, il sapore risulta con una lieve sfumatura dolciastra;
L'amido è un carboidrato presente per il 60-70% nel chicco di grano, che nella pasta cruda si trova sotto forma di granuli. Il glutine è una
sostanza, viscosa, simile alla colla (dal latino gluten = colla), che
non si trova tale e quale nel grano, ma si forma per interazione di due
proteine, la gliadina e la glutenina. Il raccolto La selezione Il grano viene selezionato per la macinazione in base alle sue caratteristiche igieniche, chimiche e fisiche. La macinazione Quindi viene portato al mulino per essere dapprima setacciato, ripulito dalle impurità del raccolto, poi macinato per ottenere semole delle migliori qualità. Per la produzione di pasta viene utilizzato esclusivamente il grano duro, mentre il grano tenero e quindi la farina da esso ottenuta, viene destinata ai panifici ed all'industria dolciaria. L’impasto e la
gramolatura La semola di grano duro viene impastata con acqua
purissima. In questo modo l'amido e le proteine si legano all'acqua ed
inizia a formarsi il glutine, una rete proteica che lega i granuli
d'amido idratati. L'impasto assume così il suo aspetto caratteristico.
Con la successiva fase della gramolatura, l'impasto ben lavorato diventa
omogeneo ed elastico. La pasta quindi è un alimento ottenuto
esclusivamente dalla lavorazione di semola di grano duro ed acqua, non
contiene sale e la legge italiana vieta l'aggiunta di conservanti e
coloranti.
L’essiccamento
Questo processo ha una durata che varia in funzione del tipo di pasta
che deve essere prodotto. E' questo il momento più delicato di tutto il
ciclo produttivo. La pasta viene ventilata più volte con aria calda. A
mano a mano che l'umidità affiora viene eliminata. Anche in questo caso
la legge é molto precisa, l'umidità finale non deve essere superiore al
12,5%. Latte e derivati Caciocavallo Silano DOP Descrizione del prodotto Il Caciocavallo Silano DOP è un formaggio semiduro, a pasta filata, prodotto con latte di vacca di diverse razze, tra cui la Podolica, una tipica razza autoctona delle aree interne dell’appennino meridionale. La produzione del Caciocavallo Silano inizia con la coagulazione del latte fresco a una temperatura di 36-38°C, usando caglio di vitello o di capretto. La fase di maturazione consiste in un’energica fermentazione lattica, la cui durata varia in media dalle 4 alle 10 ore e può dirsi completata quando la pasta è nelle condizioni di essere filata. Segue un'operazione caratteristica, consistente nella formazione di una specie di cordone, che viene plasmato fino a raggiungere la forma definitiva.La forma, sferica, ovale o troncoconica, varia secondo le diverse aree geografiche di produzione. Il peso è compreso fra 1 e 2.5 kg. La crosta, sottile, liscia, di marcato colore paglierino in superficie, può manifestare la presenza di leggere insenature dovute ai legacci. La pasta si presenta omogenea o con lievissima occhiatura, di colore bianco o giallo paglierino. Il sapore è inizialmente dolce fino a divenire piccante a stagionatura avanzata.Il Caciocavallo Silano può essere consumato come formaggio da tavola o utilizzato come ingrediente per tantissime ricette tipiche dell’Italia meridionale. Grazie alle sue qualità nutritive, è particolarmente adatto alle diete dei bambini, degli anziani e degli sportivi. Cenni storici La tesi più accreditata sull’origine della denominazione “caciocavallo” la fa derivare dalla consuetudine di appendere le forme di formaggio, in coppie, a cavallo di pertiche di legno, disposte in prossimità di focolari. Il primo autore che descrive la tecnica usata dai greci nella preparazione del cacio è Ippocrate nel 500 a.C. In seguito diversi autori latini, fra cui Columella e Plinio, hanno trattato dei formaggi nelle proprie opere. In particolare, Plinio esalta le qualità del “butirro”, antenato del nostro caciocavallo, definito “cibo delicatissimo”.La denominazione “Silano” deriva, invece, dalle origini antiche del prodotto legate all’altipiano della Sila. Area di produzione La produzione di questo formaggio è localizzata nelle aree interne delle regioni Calabria, Basilicata, Campania, Molise e Puglia. In Campania sono interessate, parzialmente, tutte le province. Dati economici e produttivi Il Caciocavallo Silano DOP rappresenta una quota di mercato nazionale pari allo 0.4% dei formaggi DOP. La produzione del 2001 è stata di 18100 qli di questi 1400 qli sono stati prodotti in Campania. Il prodotto viene venduto principalmente presso la grande distribuzione organizzata ed i supermercati che cumulativamente assorbono circa l'80%. Il dettaglio tradizionale rappresenta il 17% del totale della domanda mentre il 3% riguarda la vendita diretta presso i caseifici. Nel 2003, le aziende aderenti al sistema di certificazione sono state 36 (di cui 9 campane) per una produzione controllata e certificata pari 1.081.568 kg (80.779 in Campania) corrispondenti a n. 617.746 forme di caciocavallo (60.689 in Campania). Registrazione La Denominazione di Origine Protetta (DOP) “Caciocavallo Silano” è stata riconosciuta con Regolamento (CE) n. 1236/96 (pubblicato sulla GUCE n. L 163/96 del 2 luglio 1996). Il riconoscimento nazionale era avvenuto con DPCM 10 maggio 1993 pubblicato sulla GURI n. 196 del 21 agosto 1993 unitamente all’allegato Disciplinare di produzione. Con successivo Regolamento (CE) n. 1204/2003 del 4 luglio 2003 (GUCE n. L168 del 5.07.03) sono state approvate alcune modifiche al disciplinare, relativamente alla zona geografica, al metodo di ottenimento, all'etichettatura e alle condizioni nazionali del prodotto (le modifiche al disciplinare sono state pubblicate sulla G.U. n. 253 del 30.10.2001, pag. 58). Organismo di controllo L'organismo di certificazione autorizzato è l'Is.Me.Cert. (Istituto Mediterraneo per la Certificazione dei prodotti e dei processi nel settore agroalimentare), Centro Direzionale Is.G/1 - 80143 Napoli Consorzio di tutela Il Consorzio di Tutela “ Formaggio Caciocavallo Silano DOP” è stato costituito nel 1993 in Calabria, ma col tempo ha costituito diverse sedi distaccate nelle varie regioni interessate alla produzione. La sede principale è a Cosenza, in via degli Stadi, n°90 (tel. E fax 0984-393007); la sezione regionale campana si è costituita nel 1997 ed è sita a Montesano sulla Marcellana (SA), contrada Tempa La Manda. Mozzarella di bufala campana DOP Descrizione del prodottoElementi di tipicità di questo formaggio fresco a pasta filata, sono soprattutto costituiti dalla materia prima impiegata, il latte fresco di bufala, particolarmente ricco in grasso e proteine, e dalla filatura. Operazione, quest’ultima, consistente nel lavorare a mano la pasta del formaggio a fine maturazione con acqua bollente fino a farla “filare”, in modo da ottenere la particolare consistenza del prodotto finale ed il caratteristico “bouquet”, determinato dalla microflora particolare che si sviluppa durante le varie fasi della lavorazione. La filatura si avvale di un mestolo e di un bastone, entrambi in legno, sollevando e tirando continuamente la pasta fusa fino ad ottenere un impasto omogeneo. Segue poi la formatura, che in molti caseifici si esegue ancora a mano con la tradizionale “mozzatura”, che il casaro effettua con il pollice e l’indice della mano. Le mozzarelle così prodotte vengono poi lasciate raffreddare in vasche contenenti acqua fredda e infine salate. La crosta è sottilissima e di colore bianco porcellanato, mentre la pasta non presenta occhiature ed è leggermente elastica nelle prime otto-dieci ore dalla produzione, e poi sempre più fondente. Il disciplinare, oltre alle classiche forme tondeggianti, prevede altre tipologie commerciali: i bocconcini, le ciliegine, le perline, i nodini, gli ovolini e le famosissime “trecce”. Il peso varia secondo la forma, da 10 a 800 grammi (3 kg per le trecce). E’ ammessa anche l’affumicatura, un antico e tradizionale processo naturale di lavorazione, ma in tal caso la denominazione di origine deve essere seguita dalla dicitura “affumicata”. Mediamente occorrono 4,2 litri di latte di bufala per produrre un chilogrammo di mozzarella.
Cenni storici
Le origini del prodotto sono direttamente all’introduzione del bufalo in
Italia. Numerose sono le ipotesi sull'epoca di introduzione in Italia
del bufalo, originario dell'India orientale. Secondo alcuni autori la
bufala italiana avrebbe origine autoctone, per il ritrovamento di
reperti fossili nella campagna romana, altri sostengono che essa sia
stata introdotta in seguito all'invasione dei Longobardi, altri ancora
dicono che furono i re Normanni intorno all’anno 1000. La parola “Mozzarella” deriva certamente dal termine “mozzare”, operazione di formatura praticata tradizionalmente a mano nella fase finale della lavorazione. Tale termine appare per la prima volta in un testo di cucina citato da un cuoco della corte papale nel XVI secolo. Ma già nel XII secolo, i monaci del monastero di S. Lorenzo in Capua (CE) usavano offrire, per la festa del santo patrono, una “mozza o provatura” accompagnata da un pezzo di pane. I Borboni prestarono molta attenzione all'allevamento del bufalo tanto da creare un allevamento nella tenuta reale di Carditello dove nella metà del '700, insediarono anche un caseificio. Nella piana del Volturno ed in quella del Sele esistono ancora le antiche bufalare, costruzioni circolari in muratura con al centro un camino per la lavorazione del latte e con piccoli ambienti addossati alle pareti destinati all'alloggio dei bufalari. Particolarmente caratteristica è quella presente all’azienda agricola sperimentale “Improsta” ad Eboli, di proprietà regionale. Area di produzione L'area di produzione è localizzata nell'intero territorio delle province di Caserta e Salerno, nei comuni di Amorosi, Dugenta e Limatola in provincia di Benevento, e in quelli di Acerra, Giugliano, Pozzuoli, Qualiano, Arzano, Cardito, Frattamaggiore, Frattaminore e Mugnano di Napoli in provincia di Napoli, oltre che in alcuni comuni delle province di Frosinone, Latina, Roma, Foggia e Isernia. Dati economici e produttiviNegli ultimi decenni il patrimonio bufalino, nell’area di produzione, è notevolmente aumentato, inversamente alla riduzione numerica della popolazione bovina. Questo processo, intensificatosi negli ultimi 15-20 anni, ha favorito lo sviluppo dell’intera filiera creando un indotto che oggi vede impegnati nell’area DOP oltre 20 mila addetti. Attualmente il patrimonio bufalino si aggira intorno a 220.000 capi, di cui circa 123 mila bufale in lattazione. L'80% è distribuito nell'ambito del territorio campano, il restante 20% è dislocato nel basso Lazio, in Puglia, nelle isole ed in Toscana. Mediamente si producono circa 30.000 tonnellate di mozzarella di bufala campana all'anno, in larga parte commercializzata con la Denominazione di Origine Protetta. Nel 2000 sono stati certificati dall'organo di controllo 19.350 tonnellate di Mozzarella di Bufala Campana DOP, prodotta da 98 caseifici, in conformità con quanto previsto dal disciplinare. Il consumo presenta un trend positivo con un incremento annuo pari a circa il 10%. RegistrazioneLa denominazione
“Mozzarella di Bufala Campana” è stata riconosciuta con
Regolamento CE n. 1107/96
(pubblicato sulla GUCE L 148/96 del 21 giugno 1996). Il riconoscimento
nazionale era avvenuto con DPR 10 maggio 1993 (pubblicato sulla G.U. del
17 settembre 1993) unitamente al Disciplinare di produzione.
Precedentemente al Reg. CE n. 2081/92, la denominazione di origine era
già stata riconosciuta a livello nazionale con il DPR 15 settembre 1988
(pubblicato sulla G.U. n. 44 del 22 febbraio 1989). Successivamente, con
Decreto ministeriale del 7 aprile 1998, il MiPAF ha determinato gli
elementi di etichettatura per la denominazione registrata, mentre con
successivo Decreto del 21 luglio 1998 ha stabilito i criteri per
l’utilizzo dei termini di designazione del prodotto. Organismo di controlloL'organismo di certificazione autorizzato è la società C.S.Q.A., con sede in via S. Gaetano 74, 30016 Thiene (VI) – tel. 0445.313011 (sito web: www.csqa.it) e con sede in Campania in viale Carlo III 130, S. Nicola la Strada (CE); tel. 0823 424857 - fax 0823 422775. Consorzio di tutela Il Consorzio per la tutela del formaggio “Mozzarella di Bufala Campana” è stato riconosciuto dal MIPAF con DM 24 aprile 2002 (pubblicato sulla G.U. 134 del 10.06.2002) in base all’art. 14 della legge 526/99 per la tutela, vigilanza e valorizzazione del prodotto. Il Consorzio ha sede in S. Nicola la Strada (CE), viale Carlo III, n° 128 FIORDILATTE APPENNINO MERIDIONALE Descrizione del prodotto
Formaggio fresco a pasta filata, molle, a
fermentazione lattica, ottenuto con latte intero vaccino proveniente da
una o più mungiture consecutive da effettuare nell'arco di sedici ore,
consegnato crudo al caseificio, entro 24 ore dalla prima mungitura. La
lavorazione è quella comunemente utilizzata per la mozzarella vaccina,
dalla quale si discosta per forma e consistenza della pasta. Le
principali fasi di lavorazione sono quindi: il riscaldamento del latte,
la coagulazione attraverso aggiunta di caglio di vitello; l'aggiunta,
durante la coagulazione di sieroinnesto (derivante dalla lavorazione di
latte vaccino crudo dell'area di produzione); la rottura della cagliata
e successiva maturazione, l'aggiunta di acqua quasi bollente durante la
vera e propria filatura, la mozzatura a mano o meccanica, il
raffreddamento in acqua, la salatura ed il confezionamento. Cenni storici
Il fior di latte Appennino Merdionale - DOP
è un formaggio fresco a pasta filata che vanta in Campania antiche
tradizioni; quello famoso è di Agerola. Le origini storiche di questa
cittadina risalgono all'epoca pre-romana; nota già ai tempi di Galeno
per la produzione di "latte molto salutare". Area di produzione
La produzione del Fior di Latte interessa
le Regioni Campania (intero territorio), Molise (Campobasso), Basilicata
(Potenza), Calabria (Cosenza), Puglia (Bari, Foggia e Taranto) ed il
Lazio (Frosinone e Latina). Stato della registrazione Sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 26 Giugno 2001 è stato pubblicata "la modifica della richiesta di registrazione, ai sensi del Regolamento CEE n°2081/92 del Consiglio del 14 Luglio 1992, della denominazione di origine "Fior di latte" in "Fior di latte Appennino Meridionale" ed adeguamento della relativa proposta di disciplinare.
Organismo proponente Organismo di controllo
L'organismo di controllo designato è la
società S.G.S. S.r.l. - Servizi di Certificazione Intenazionale, |
I Prodotti
tipici della Campania |