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I marchi collettivi
DOP RICONOSCIUTE DALLA UE

DOP IN CORSO DI REGISTRAZIONE PRESSO LA UE CON PROTEZIONE TRANSITORIA NAZIONALE

DOP IN FASE DI ISTRUTTORIA MINISTERIALE

IGP REGISTRATE DALLA UE (Reg. CEE 2081/92)

IGP IN CORSO DI REGISTRAZIONE PRESSO LA UE CON PROTEZIONE TRANSITORIA NAZIONALE

IGP IN FASE DI ISTRUTTORIA MINISTERIALE

OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA Cilento DOP

Descrizione del prodotto

L'olio "Cilento" DOP si ottiene dalla premitura di olive delle varietà Pisciottana, Rotondella, Ogliarola, Frantoio, Salella e Leccino per almeno l' 85%; possono, inoltre, concorrere altre varietà locali presenti nell'area di produzione in misura non superiore al 15%.
L'olio, al consumo, è di colore giallo paglierino con buona vivacità ed intensità; spesso limpido, a volte velato. All'esame olfattivo mostra un leggero sentore di fruttato, talvolta con note di mela e di foglia verde. Il gusto è tenue e delicato di oliva fresca, fondamentalmente dolce con appena percettibili note vivaci di amaro e piccante. E' discretamente fluido, con evidenti sentori di pinolo e retrogusto di nocciola e mandorla. L'acidità è sempre inferiore al valore di 0,70%. La notevole presenza di note aromatiche fa prediligere l’uso di quest’olio su piatti di una certa consistenza, tipici dell’area di origine, come grigliate di pesce, insalate selvatiche, verdure bollite, legumi e primi piatti in genere.

L'olio “Cilento” DOP è il frutto dell'armonizzazione delle più moderne tecnologie di lavorazione con una tradizione millenaria. A livello agronomico, particolare cura è posta durante le fasi della raccolta, del trasporto e della conservazione delle olive. Per essere ammesse alla produzione di olio DOP le olive devono essere raccolte rigorosamente a mano; è autorizzato l'ausilio di mezzi agevolatori meccanici, come scuotitori e pettini vibranti; le reti sono ammesse esclusivamente per agevolare le operazioni di raccolta, che deve essere effettuata entro il 31 dicembre di ogni anno.
La produzione massima di olive ad ettaro è di 110 quintali, mentre la resa in olio massima è del 22%. Le olive vanno molite entro 48 ore dalla raccolta.

Cenni storici

La presenza dell'olio caratterizza da secoli il paesaggio cilentano e ne rappresenta la principale, e talvolta unica, risorsa delle popolazioni locali, tanto da divenire parte integrante della loro vita quotidiana.
L'olivo nel Cilento, terra di miti e sede dell'omonimo Parco Nazionale, ha radici antiche. Recenti ricerche archeobotaniche hanno documentato la presenza dell'olivo già nel IV sec. a.C.. La tradizione, invece, vuole che le prime piante fossero introdotte dai coloni Focesi, una popolazione profuga di origine greca. Furono essi infatti ad introdurre la più antica varietà da olio locale, la Pisciottana, che resiste molto bene ai venti salmastri della zona, è molto produttiva anche in un comprensorio arido come il Cilento e ancora oggi conferisce all’olio Cilento la riconosciuta tipicità.
L'olivo cilentano, tra i templi di Paestum e le rovine di Velia, ha imposto la sua presenza anche ai grandi poeti italiani del passato: "...ulivi, sempre ulivi! in mezzo sono ulivi, come pecore a frotta..." scrive Ungaretti in una sua lirica del 1933. Nel Cilento, inoltre, ha vissuto per molti anni anche il celebre nutrizionista americano Keys, il padre della Dieta mediterranea, che proprio all'olio di oliva attribuisce un ruolo principe, in quanto determina una riduzione del colesterolo serico, migliora la funzionalità dell'apparato cardiocircolatorio, e protegge l’organismo, con il suo corredo di sostanze fenoliche, da gravi alterazioni.

Area di produzione

La zona di produzione e di lavorazione dell'olio DOP "Cilento" comprende 62 comuni, posti a sud della provincia di Salerno, tutti inclusi nell’area del Parco nazionale del Cilento e del Vallo di Diano e tutti caratterizzati dalla presenza di olivi secolari, che rappresentano l'elemento dominante del paesaggio.

Dati economici e produttivi

Nell'area della DOP “Cilento” l'olivicoltura interessa complessivamente oltre 18 mila ettari, pari al 30% circa del totale regionale e quasi al 50% circa della sola provincia di Salerno. Le aziende agricole a destinazione olivicola della zona sono circa 19 mila.  Nella campagna di produzione olearia del 2004 risultano iscritti al registro della DOP “Cilento” n. 255 aziende agricole per complessivi 1300 ettari circa di oliveti, con una produzione conferita alla molitura di 6.925 q.li di olive. La produzione di olio certificato DOP nella campagna 2004 è pari a 27.100 litri prodotti in 5 frantoi iscritti al registro. I dati confermano una lenta ma costante ascesa, iniziata nel 1999, prima annata di certificazione.

Registrazione

La Denominazione di Origine Protetta (D.O.P.) “Cilento” è stata riconosciuta, ai sensi del Reg. CE n. 2081/92, con Regolamento (CE) n. 1065/97 (pubblicato sulla GUCE n. L 156/97 del 13 giugno 1997). Il riconoscimento nazionale è avvenuto con DM 6 agosto 1998, pubblicato sulla GURI n. 193 del 20 agosto 1998, unitamente all’allegato Disciplinare di produzione.

Organismo di controllo

L'organismo di certificazione autorizzato è l'Is.Me.Cert. (Istituto Mediterraneo per la Certificazione dei prodotti e dei processi nel settore agroalimentare), Centro Direzionale Is.G/1 - 80143 Napoli tel 081/7879789 fax 081/6040176 (sito web: www.ismecert.it).

Consorzio di tutela

L’istanza di riconoscimento della DOP “Cilento” fu presentata a suo tempo dall’Associazione Produttori Olivicoli (APROL) di Salerno e dall’Associazione Produttori Olivicoli di Salerno.

Il Consorzio di tutela è in via di costituzione.

OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA Colline Salernitane DOP
Descrizione del prodotto

L'olio extravergine di oliva DOP "Colline Salernitane" presenta, al consumo, un bel colore che va dal verde al giallo paglierino più o meno intenso; è limpido, a volte velato. All'olfatto mostra un deciso ed ampio sentore di fruttato di oliva pulita, con discrete note di foglia verde, di erba e di pomodoro acerbo. Al gusto rivela un sapore deciso e persistente, gradevolmente amaro e piccante, giustamente corposo, con buona ed equilibrata struttura e chiari sentori di carciofo, cardo e vegetali amari. Il retrogusto è pulito. L'acidità è sempre inferiore allo 0,70%.
L'olio si ottiene dalla premitura di olive delle varietà autoctone della zona di produzione o di antica introduzione, da sole o congiuntamente: Rotondella, Frantoio, Carpellese o Nostrale per almeno il 65%; Ogliarola e Leccino in misura non superiore al 35 %, mentre è ammessa la presenza di altre varietà locali per un massimo del 20%. La notevole presenza di note aromatiche fa prediligere l’uso di quest’olio su piatti di una certa consistenza, come minestre a base di legumi, gustose pastasciutte della tradizione campana e grigliate di pesce. Le tecniche di coltivazione degli oliveti sono quelle tradizionali dell’area delle Colline salernitane, che assicurano all’olio che ne deriva l’elevato e noto pregio qualitativo. In alcuni comprensori si sono affermate soluzioni tecniche ed organizzative molto innovative, come la raccolta e la potatura meccanica delle olive.
Le olive destinate alla produzione dell’olio DOP “Colline Salernitane” devono essere raccolti esclusivamente a mano, entro il 31 Dicembre di ogni anno; è autorizzato l'ausilio di mezzi meccanici, come scuotitori e pettini vibranti. Le olive raccolte vanno conservate e trasportate in cassette forate dalla capacità massima di 25 Kg. e molite entro e non oltre il secondo giorno dalla raccolta. Per l'estrazione dell'olio sono ammessi soltanto processi meccanici e fisici che preservino il più fedelmente possibile le caratteristiche di qualità del frutto. La produzione massima di olive non deve superare i 120 quintali ad ettaro e la resa in olio non può superare il 20%.

Cenni storici

L’olio extravergine di oliva DOP “Colline Salernitane” ha radici antichissime, in quanto deriva da varietà autoctone da sempre presenti nel salernitano. L'olio trae la sua tipicità proprio dalla peculiarità del territorio, dotato di connotazioni pedoclimatiche, paesistiche, storiche, culturali ed economiche assolutamente originali. Esso si produce in un'area fortemente vocata alla coltivazione dell'olivo, caratterizzata da un patrimonio varietale particolarmente ricco e originale.
Notizie certe ne fanno risalire la coltivazione agli antichi Focesi, coloni della Magna Grecia, che cominciarono a diffonderla nella Piana dell'Alento e nelle aree collinari circostanti. Fu poi attraverso l’occupazione del territorio da parte dei Romani che l’olivicoltura si diffuse in tutta l’area salernitana. Ancora oggi, alcune località derivano il proprio nome dalla presenza e coltivazione dell’olivo: Oliveto Citra, Olivella, Ogliara, ecc. Ancora oggi, passeggiando per questo territorio di eccezionale bellezza, è facile imbattersi in olivi millenari di grande taglia, nei quali è racchiusa la storia delle popolazioni locali, alle quali l’olivo ha assicurato, nei momenti più difficili, sicuro sostentamento.

Area di produzione

La zona di produzione e di lavorazione dell'olio extravergine di oliva DOP "Colline Salernitane" comprende 86 comuni della provincia di Salerno, presenti in una vasta area olivetata che comprende: la Costiera Amalfitana, la Valle del Calore, i Picentini, gli Alburni, l'Alto e Medio Sele, le colline del Tanagro e parte del Vallo di Diano.

Dati economici e produttivi

L'olivicoltura dell'area DOP “Colline Salernitane” si estende su una superficie complessiva che supera i 19.000 ettari e rappresenta circa la metà della superficie olivetata provinciale e il 33% di quella regionale. Gli oliveti insistono prevalentemente nella fascia collinare del territorio compreso nel disciplinare, impegnando circa 25 mila aziende agricole. Insostituibile è la funzione che l’olivo svolge nell’area, sia dal punto di vista paesaggistico che di conservazione e caratterizzazione del territorio.
Nella campagna di produzione olearia del 2003, ultima disponibile come dati ufficiali, risultavano iscritte al registro dell’olio DOP “Colline Salernitane” n. 837 aziende agricole per complessivi 2.250 ettari circa di oliveti, con una produzione conferita alla molitura di 4.330 q.li di olive. La produzione di olio certificato DOP è stata pari a 66.500 litri, prodotti in 12 frantoi ed imbottigliatori iscritti al registro.
Al momento è la DOP olio della Campania che registra i maggiori valori in termini di prodotto certificato.

Registrazione

La Denominazione di Origine Protetta (D.O.P.) “Colline Salernitane” è stata riconosciuta, ai sensi del Reg. CE n. 2081/92, con Regolamento (CE) n. 1065/97 (pubblicato sulla GUCE n. L 156/97 del 13 giugno 1997). Il riconoscimento nazionale è avvenuto con DM 6 agosto 1998, pubblicato sulla GURI n. 193 del 20 agosto 1998, unitamente all’allegato Disciplinare di produzione.

Organismo di controllo

L'organismo di certificazione autorizzato è l'Is.Me.Cert. (Istituto Mediterraneo per la Certificazione dei prodotti e dei processi nel settore agroalimentare), Centro Direzionale Is.G/1 - 80143 Napoli tel 081/7879789 fax 081/6040176 (sito web: www.ismecert.it).

Il Consorzio per la tutela dell’olio extravergine di oliva “Colline Salernitane” è stato riconosciuto dal MIPAF con DM 04 aprile 2005 (pubblicato sulla G.U. 94 del 23.04.2005) in base all’art. 14 della legge 526/99 per la tutela, vigilanza e valorizzazione del prodotto. Il Consorzio ha sede in Battipaglia (SA) alla via Belvedere n. 10 – Tel.: 0828.944035 - fax 0828.944034.

LA PASTA

Nutrirsi significa rifornire l'organismo degli stessi elementi di cui è costituito e che vengono continuamente consumati. Le proteine, i grassi e i carboidrati danno un'energia al corpo umano misurabile in calorie. Ogni cibo dunque, essendo costituito dagli elementi suddetti, fornisce un certo quantitativo di calorie.

L'amido, che costituisce la percentuale più alta dei carboidrati, è una fonte energetica ottimale per chi si nutre di pasta, oltre ad essere altamente digeribile. Anche l'apporto calorico delle proteine presenti nella pasta risulta buono.

All'uomo adulto occorrono, in media, 2800 calorie giornaliere: il 60% dovrebbe provenire da carboidrati, il 20% da lipidi e il 10% da proteine. Quindi, la pasta è un alimento bilanciato in termini calorici.

L'unico aminoacido di cui la pasta è carente è la lisina, ma un minimo condimento ha il potere di aumentare il livello di lisina originariamente carente, così da assimilare un piatto di pasta ad un cibo completo.

Condimenti più ricchi possono addirittura trasformarla in un piatto unico. Pertanto, potremmo dire che la pasta non fa ingrassare, ma è indice di benessere.

CHI HA INVENTATO GLI SPAGHETTI?

Correva l'anno 1279 quando il notaio Ugolino Scarpa, elencando ciò che il milite Ponzio Bastone lasciava in eredità, cita tra le altre cose "bariscella una plena de macaronis" (un certo pieno di maccheroni). Ancor prima, nel 1244, un medico bergamasco promette ad un lanaiolo di Genova che l'avrebbe guarito da un'infermità alla bocca se egli non avesse mangiato né carne, né frutta, né cavoli, né pasta.

Marco Polo torna a Venezia nel 1292. Il confronto di queste tre date chiarisce da solo ogni dubbio residuo: la pasta non fu invenzione cinese, gli italiani la conoscevano già prima che l'eroe de Il Milione tornasse dal suo avventuroso viaggio.

Allora furono veramente gli italiani ad inventare la pasta? Pare assai azzardato cercare di imputare a tutti i costi l'invenzione della pasta perché, a nostro avviso, di invenzione non si tratta, ma piuttosto del naturale sfruttamento di una materia prima assai diffusa, il frumento.

Ciò che comunque resta certo è che non fu Marco Polo a insegnarci a mangiare gli spaghetti! Ma non furono nemmeno i napoletani a dar origine alla pastasciutta. I maccheroni non sono nati a Napoli, ciò è storicamente accertato, ma in questa città hanno ricevuto senz'altro la loro massima esaltazione popolaresca.

Pasta e benessere

Esiste forse cibo più naturale e semplice della pasta? Semola di grano duro e acqua. Nessun conservante perché è l'essicazione del prodotto estruso che permette un'indefinita conservabilità, nessun colorante.

COME RICONOSCERE UNA BUONA PASTA

Da un attento esame del prodotto crudo possiamo dire di essere in presenza di una buona pasta se:

- l'aspetto è uniformemente liscio ed in trasparenza non appaiono rugosità, "puntature" od ombre scure;

-         il colore è di un limpido e inconfondibile giallo ambrato;

-         non si rileva nessun odore;

-         all'assaggio, parliamo ovviamente sempre di pasta cruda, il sapore risulta con una lieve sfumatura dolciastra;

-         la rottura infine, dà un suono secco e la frattura appare liscia e vetrosa.


I maggiori componenti della pasta

L'amido è un carboidrato presente per il 60-70% nel chicco di grano, che nella pasta cruda si trova sotto forma di granuli.

Il glutine è una sostanza, viscosa, simile alla colla (dal latino gluten = colla), che non si trova tale e quale nel grano, ma si forma per interazione di due proteine, la gliadina e la glutenina.

Come si produce

Il raccolto

La selezione Il grano viene selezionato per la macinazione in base alle sue caratteristiche igieniche, chimiche e fisiche.

La macinazione Quindi viene portato al mulino per essere dapprima setacciato, ripulito dalle impurità del raccolto, poi macinato per ottenere semole delle migliori qualità. Per la produzione di pasta viene utilizzato esclusivamente il grano duro, mentre il grano tenero e quindi la farina da esso ottenuta, viene destinata ai panifici ed all'industria dolciaria.

L’impasto e la gramolatura La semola di grano duro viene impastata con acqua purissima. In questo modo l'amido e le proteine si legano all'acqua ed inizia a formarsi il glutine, una rete proteica che lega i granuli d'amido idratati. L'impasto assume così il suo aspetto caratteristico. Con la successiva fase della gramolatura, l'impasto ben lavorato diventa omogeneo ed elastico. La pasta quindi è un alimento ottenuto esclusivamente dalla lavorazione di semola di grano duro ed acqua, non contiene sale e la legge italiana vieta l'aggiunta di conservanti e coloranti.

La trafilazione
Una volta ottenuto l'impasto, questo viene trafilato in stampi che conferiscono alla pasta gli innumerevoli formati prodotti dalla fantasia dei maestri pastai. Il processo non é ancora terminato, perché l'impasto contiene ancora troppa acqua: circa il 30% del suo peso. In queste condizioni il prodotto non potrebbe essere conservato. La pasta viene quindi immessa negli essiccatoi. 

L’essiccamento Questo processo ha una durata che varia in funzione del tipo di pasta che deve essere prodotto. E' questo il momento più delicato di tutto il ciclo produttivo. La pasta viene ventilata più volte con aria calda. A mano a mano che l'umidità affiora viene eliminata. Anche in questo caso la legge é molto precisa, l'umidità finale non deve essere superiore al 12,5%.

Il raffreddamento e il confezionamento Questo processo ha una durata che varia in funzione del tipo di pasta che deve essere prodotto. E' questo il momento più delicato di tutto il ciclo produttivo. La pasta viene ventilata più volte con aria calda. A mano a mano che l'umidità affiora viene eliminata. Anche in questo caso la legge é molto precisa, l'umidità finale non deve essere superiore al 12,5%.

Latte e derivati

Caciocavallo Silano DOP

Descrizione del prodotto

Il Caciocavallo Silano DOP è un formaggio semiduro, a pasta filata, prodotto con latte di vacca di diverse razze, tra cui la Podolica, una tipica razza autoctona delle aree interne dell’appennino meridionale. La produzione del Caciocavallo Silano inizia con la coagulazione del latte fresco a una temperatura di 36-38°C, usando caglio di vitello o di capretto. La fase di maturazione consiste in un’energica fermentazione lattica, la cui durata varia in media dalle 4 alle 10 ore e può dirsi completata quando la pasta è nelle condizioni di essere filata. Segue un'operazione caratteristica, consistente nella formazione di una specie di cordone, che viene plasmato fino a raggiungere la forma definitiva.La forma, sferica, ovale o troncoconica, varia secondo le diverse aree geografiche di produzione. Il peso è compreso fra 1 e 2.5 kg.

La crosta, sottile, liscia, di marcato colore paglierino in superficie, può manifestare la presenza di leggere insenature dovute ai legacci. La pasta si presenta omogenea o con lievissima occhiatura, di colore bianco o giallo paglierino. Il sapore è inizialmente dolce fino a divenire piccante a stagionatura avanzata.Il Caciocavallo Silano può essere consumato come formaggio da tavola o utilizzato come ingrediente per tantissime ricette tipiche dell’Italia meridionale. Grazie alle sue qualità nutritive, è particolarmente adatto alle diete dei bambini, degli anziani e degli sportivi.

Cenni storici

La tesi più accreditata sull’origine della denominazione “caciocavallo” la fa derivare dalla consuetudine di appendere le forme di formaggio, in coppie, a cavallo di pertiche di legno, disposte in prossimità di focolari. Il primo autore che descrive la tecnica usata dai greci nella preparazione del cacio è Ippocrate nel 500 a.C. In seguito diversi autori latini, fra cui Columella e Plinio, hanno trattato dei formaggi nelle proprie opere. In particolare, Plinio esalta le qualità del “butirro”, antenato del nostro caciocavallo, definito “cibo delicatissimo”.La denominazione “Silano” deriva, invece, dalle origini antiche del prodotto legate all’altipiano della Sila.

Area di produzione

La produzione di questo formaggio è localizzata nelle aree interne delle regioni Calabria, Basilicata, Campania, Molise e Puglia. In Campania sono interessate, parzialmente, tutte le province.

Dati economici e produttivi

Il Caciocavallo Silano DOP rappresenta una quota di mercato nazionale pari allo 0.4% dei formaggi DOP. La produzione del 2001 è stata di 18100 qli di questi 1400 qli sono stati prodotti in Campania. Il prodotto viene venduto principalmente presso la grande distribuzione organizzata ed i supermercati che cumulativamente assorbono circa l'80%. Il dettaglio tradizionale rappresenta il 17% del totale della domanda mentre il 3% riguarda la vendita diretta presso i caseifici. Nel 2003, le aziende aderenti al sistema di certificazione sono state 36 (di cui 9 campane) per una produzione controllata e certificata pari 1.081.568 kg (80.779 in Campania) corrispondenti a n. 617.746 forme di caciocavallo (60.689 in Campania).

Registrazione

La Denominazione di Origine Protetta (DOP) “Caciocavallo Silano” è stata riconosciuta con Regolamento (CE) n. 1236/96 (pubblicato sulla GUCE n. L 163/96 del 2 luglio 1996). Il riconoscimento nazionale era avvenuto con DPCM 10 maggio 1993 pubblicato sulla GURI n. 196 del 21 agosto 1993 unitamente all’allegato Disciplinare di produzione. Con successivo Regolamento (CE) n. 1204/2003 del 4 luglio 2003 (GUCE n. L168 del 5.07.03) sono state approvate alcune modifiche al disciplinare, relativamente alla zona geografica, al metodo di ottenimento, all'etichettatura e alle condizioni nazionali del prodotto (le modifiche al disciplinare sono state pubblicate sulla G.U. n. 253 del 30.10.2001, pag. 58).

Organismo di controllo

L'organismo di certificazione autorizzato è l'Is.Me.Cert. (Istituto Mediterraneo per la Certificazione dei prodotti e dei processi nel settore agroalimentare), Centro Direzionale Is.G/1 - 80143 Napoli

Consorzio di tutela

Il Consorzio di Tutela “ Formaggio Caciocavallo Silano DOP” è stato costituito nel 1993 in Calabria, ma col tempo ha costituito diverse sedi distaccate nelle varie regioni interessate alla produzione. La sede principale è a Cosenza, in via degli Stadi, n°90 (tel. E fax 0984-393007); la sezione regionale campana si è costituita nel 1997 ed è sita a Montesano sulla Marcellana (SA), contrada Tempa La Manda.

Mozzarella di bufala campana DOP

Descrizione del prodotto

Elementi di tipicità di questo formaggio fresco a pasta filata, sono soprattutto costituiti dalla materia prima impiegata, il latte fresco di bufala, particolarmente ricco in grasso e proteine, e dalla filatura. Operazione, quest’ultima, consistente nel lavorare a mano la pasta del formaggio a fine maturazione con acqua bollente fino a farla “filare”, in modo da ottenere la particolare consistenza del prodotto finale ed il caratteristico “bouquet”, determinato dalla microflora particolare che si sviluppa durante le varie fasi della lavorazione. La filatura si avvale di un mestolo e di un bastone, entrambi in legno, sollevando e tirando continuamente la pasta fusa fino ad ottenere un impasto omogeneo. Segue poi la formatura, che in molti caseifici si esegue ancora a mano con la tradizionale “mozzatura”, che il casaro effettua con il pollice e l’indice della mano. Le mozzarelle così prodotte vengono poi lasciate raffreddare in vasche contenenti acqua fredda e infine salate.

La crosta è sottilissima e di colore bianco porcellanato, mentre la pasta non presenta occhiature ed è leggermente elastica nelle prime otto-dieci ore dalla produzione, e poi sempre più fondente. Il disciplinare, oltre alle classiche forme tondeggianti, prevede altre tipologie commerciali: i bocconcini, le ciliegine, le perline, i nodini, gli ovolini e le famosissime “trecce”. Il peso varia secondo la forma, da 10 a 800 grammi (3 kg per le trecce). E’ ammessa anche l’affumicatura, un antico e tradizionale processo naturale di lavorazione, ma in tal caso la denominazione di origine deve essere seguita dalla dicitura “affumicata”. Mediamente occorrono 4,2 litri di latte di bufala per produrre un chilogrammo di mozzarella.

Cenni storici Le origini del prodotto sono direttamente all’introduzione del bufalo in Italia. Numerose sono le ipotesi sull'epoca di introduzione in Italia del bufalo, originario dell'India orientale. Secondo alcuni autori la bufala italiana avrebbe origine autoctone, per il ritrovamento di reperti fossili nella campagna romana, altri sostengono che essa sia stata introdotta in seguito all'invasione dei Longobardi, altri ancora dicono che furono i re Normanni intorno all’anno 1000.
La confusione si pensa sia stata generata dal fatto che, con il termine di bubalus, in epoca romana si indicavano buoi, alci ed altri ruminanti tra cui i buoi selvatici. Le prime notizie documentate sulla presenza del bufalo in Italia risalgono intorno al XII-XIII secolo d.C. (Archivio Abbazia Farpa), soprattutto a seguito dell’impadulamento del basso versante tirrenico.

La parola “Mozzarella” deriva certamente dal termine “mozzare”, operazione di formatura praticata tradizionalmente a mano nella fase finale della lavorazione. Tale termine appare per la prima volta in un testo di cucina citato da un cuoco della corte papale nel XVI secolo. Ma già nel XII secolo, i monaci del monastero di S. Lorenzo in Capua (CE) usavano offrire, per la festa del santo patrono, una “mozza o provatura” accompagnata da un pezzo di pane.

I Borboni prestarono molta attenzione all'allevamento del bufalo tanto da creare un allevamento nella tenuta reale di Carditello dove nella metà del '700, insediarono anche un caseificio. Nella piana del Volturno ed in quella del Sele esistono ancora le antiche bufalare, costruzioni circolari in muratura con al centro un camino per la lavorazione del latte e con piccoli ambienti addossati alle pareti destinati all'alloggio dei bufalari. Particolarmente caratteristica è quella presente all’azienda agricola sperimentale “Improsta” ad Eboli, di proprietà regionale.

Area di produzione L'area di produzione è localizzata nell'intero territorio delle province di Caserta e Salerno, nei comuni di Amorosi, Dugenta e Limatola in provincia di Benevento, e in quelli di Acerra, Giugliano, Pozzuoli, Qualiano, Arzano, Cardito, Frattamaggiore, Frattaminore e Mugnano di Napoli in provincia di Napoli, oltre che in alcuni comuni delle province di Frosinone, Latina, Roma, Foggia e Isernia.

Dati economici e produttivi

Negli ultimi decenni il patrimonio bufalino, nell’area di produzione, è notevolmente aumentato, inversamente alla riduzione numerica della popolazione bovina. Questo processo, intensificatosi negli ultimi 15-20 anni, ha favorito lo sviluppo dell’intera filiera creando un indotto che oggi vede impegnati nell’area DOP oltre 20 mila addetti. Attualmente il patrimonio bufalino si aggira intorno a 220.000 capi, di cui circa 123 mila bufale in lattazione. L'80% è distribuito nell'ambito del territorio campano, il restante 20% è dislocato nel basso Lazio, in Puglia, nelle isole ed in Toscana.  

Mediamente si producono circa 30.000 tonnellate di mozzarella di bufala campana all'anno, in larga parte commercializzata con la Denominazione di Origine Protetta. Nel 2000 sono stati certificati dall'organo di controllo 19.350 tonnellate di Mozzarella di Bufala Campana DOP, prodotta da 98 caseifici, in conformità con quanto previsto dal disciplinare. Il consumo presenta un trend positivo con un incremento annuo pari a circa il 10%.

Registrazione 

La denominazione “Mozzarella di Bufala Campana” è stata riconosciuta con Regolamento CE n. 1107/96 (pubblicato sulla GUCE L 148/96 del 21 giugno 1996). Il riconoscimento nazionale era avvenuto con DPR 10 maggio 1993 (pubblicato sulla G.U. del 17 settembre 1993) unitamente al Disciplinare di produzione. Precedentemente al Reg. CE n. 2081/92, la denominazione di origine era già stata riconosciuta a livello nazionale con il DPR 15 settembre 1988 (pubblicato sulla G.U. n. 44 del 22 febbraio 1989). Successivamente, con Decreto ministeriale del 7 aprile 1998, il MiPAF ha determinato gli elementi di etichettatura per la denominazione registrata, mentre con successivo Decreto del 21 luglio 1998 ha stabilito i criteri per l’utilizzo dei termini di designazione del prodotto.
Con ulteriore Decreto del 18 settembre 2003 (pubblicato sulla G.U. n. 258 del 6 novembre 2003), il MiPAF ha accordato la protezione transitoria nazionale alla modifica del
Disciplinare di produzione, richiesta dal Consorzio di tutela in ordine alla disciplina produttiva e all’ampliamento della zona di produzione. Su tale richiesta si è in attesa di riconoscimento da parte della UE.

Organismo di controllo

L'organismo di certificazione autorizzato è la società C.S.Q.A., con sede in via S. Gaetano 74, 30016 Thiene (VI) – tel. 0445.313011 (sito web: www.csqa.it) e con sede in Campania in viale Carlo III 130, S. Nicola la Strada (CE); tel. 0823 424857 - fax 0823 422775.

Consorzio di tutela 

Il Consorzio per la tutela del formaggio “Mozzarella di Bufala Campana” è stato riconosciuto dal MIPAF con DM 24 aprile 2002 (pubblicato sulla G.U. 134 del 10.06.2002) in base all’art. 14 della legge 526/99 per la tutela, vigilanza e valorizzazione del prodotto. Il Consorzio ha sede in S. Nicola la Strada (CE), viale Carlo III, n° 128

FIORDILATTE APPENNINO MERIDIONALE

Descrizione del prodotto

Formaggio fresco a pasta filata, molle, a fermentazione lattica, ottenuto con latte intero vaccino proveniente da una o più mungiture consecutive da effettuare nell'arco di sedici ore, consegnato crudo al caseificio, entro 24 ore dalla prima mungitura. La lavorazione è quella comunemente utilizzata per la mozzarella vaccina, dalla quale si discosta per forma e consistenza della pasta. Le principali fasi di lavorazione sono quindi: il riscaldamento del latte, la coagulazione attraverso aggiunta di caglio di vitello; l'aggiunta, durante la coagulazione di sieroinnesto (derivante dalla lavorazione di latte vaccino crudo dell'area di produzione); la rottura della cagliata e successiva maturazione, l'aggiunta di acqua quasi bollente durante la vera e propria filatura, la mozzatura a mano o meccanica, il raffreddamento in acqua, la salatura ed il confezionamento.
Come per tutti i formaggi a pasta filata, occorre stabilire il momento più adatto per l'inizio della filatura, che rappresenta senza dubbio la fase cruciale della lavorazione nella quale è decisiva l'esperienza e l'abilità del casaro.La salatura può essere effettuata anche in fase di filatura.
La forma è variabile, tondeggiante anche con testina, nodino, treccia e parallepipedo, a seconda dell'area di provenienza. Si presenta privo di crosta, di color bianco-latte con sfumature paglierine, con pelle di consistenza tenera ed una superficie liscia, lucente ed omogenea.
La pasta è di color bianco latte a struttura fibrosa, a foglie sottili, di consistenza morbida e con leggera elasticità più accentuata all'origine, che rilascia al taglio e per leggera compressione, liquido lattiginoso, omogeneo; esente da chiazze o striature; Sapore: caratteristico, fresco, di latte delicatamente acidulo; grasso sulla sostanza secca: non inferiore al 40%.

Cenni storici

Il fior di latte Appennino Merdionale - DOP è un formaggio fresco a pasta filata che vanta in Campania antiche tradizioni; quello famoso è di Agerola. Le origini storiche di questa cittadina risalgono all'epoca pre-romana; nota già ai tempi di Galeno per la produzione di "latte molto salutare".
Per la produzione del "fior di latte" si è sempre utilizzato latte vaccino di I qualità tanto che questo formaggio è ormai parte integrante del patrimonio lattiero caseario della Campania e delle regioni centro meridionali.

Area di produzione

La produzione del Fior di Latte interessa le Regioni Campania (intero territorio), Molise (Campobasso), Basilicata (Potenza), Calabria (Cosenza), Puglia (Bari, Foggia e Taranto) ed il Lazio (Frosinone e Latina).
Le aree della Campania maggiormente vocate e di solida tradizione sono: la penisola Sorrentina, l'alto casertano, Sannio, Irpinia e Vallo di Diano.

Stato della registrazione

Sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 26 Giugno 2001 è stato pubblicata "la modifica della richiesta di registrazione, ai sensi del Regolamento CEE n°2081/92 del Consiglio del 14 Luglio 1992, della denominazione di origine "Fior di latte" in "Fior di latte Appennino Meridionale" ed adeguamento della relativa proposta di disciplinare.

Organismo proponente
Comitato promotore della registrazione della DOP Fiordilatte dell'Appennino Meridionale, con sede in via Giglio d'Oro 21, Roma

Organismo di controllo

L'organismo di controllo designato è la società S.G.S. S.r.l. - Servizi di Certificazione Intenazionale,
Via G. Gozzi 1/A 20129 - Milano

I Prodotti tipici della Campania
 




































































































































































































































































































































































































































































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