LA MOZZARELLA
LA STORIA della
mozzarella di bufala è certamente avventurosa. La tecnica di lavorazione
sembra essere nata nell’odierno Molise, nei pressi delle fonti del fiume
Volturno, grazie alle mani esperte di monaci benedettini. Ed è un’ipotesi
plausibile se si pensa che anche l’importazione del bufalo mediterraneo
viene attribuita alle schiere longobarde di Aginulfo, risalente al 596 e
proseguita poi dagli stessi Longobardi nel VII secolo, dagli Arabi nell’VII
secolo.
Monsignor Alicandri, nel
XIX secolo rinvenne un documento nell’Archivio Episcopale della Chiesa
Metropolitana di Capua, dal quale si evince come nel XII secolo “una
mozza ed un pezzetto di pane” era la prestazione che i monaci
benedettini del monastero di San Lorenzo in Capua davano al capitolo
Metropolitano.
Il Capitolo, ogni anno, e
per antica tradizione, nella quarta fiera delle legazioni, si recava in
processione nella chiesa di San Lorenzo. Analoghe e coeve fonti
ecclesiastiche riferiscono di un simile uso anche nella città di Salerno.
Da questi documenti, quindi, si apprende come la “mozza” fosse
entrata nel costume rituale ecclesiastico già intorno al 1100.
I legami dei monaci
benedettini con la città longobarda di Salerno, dove per altro già il
monastero e l’Abbazia di san Vincenzo al Volturno avevano delle proprietà,
avrebbe potuto favorire l’espandersi della lavorazione della mozzarella
nella piana del Sele. Oltretutto i territori di cui sopra sono legati anche
dalla presenza della mandrie di bufali.
LA LAVORAZIONE porta
il latte a circa 35° C, con aggiunta di fermenti lattici e caglio liquido.
Dopo la rottura della cagliata, si lascia maturare la pasta per 4 ore sotto
siero caldo, dopo averne asportato la metà. Si fila poi la pasta in grosse
tinozze di legno con acqua bollente a 100° C , dal peso equivalente alla
quantità di pasta da filare.
Si porziona la pasta filata
e i pezzi vengono messi a rassodare in acqua fredda e successivamente
passano nelle vasche di salatura. Il prodotto finito viene presentato sul
mercato in due modi:
-
incartato ed immerso costantemente nel liquido di governo,
-
in buste forate che lasciano circolare il liquido.
Le forme sono rotonde;
-peso 0,5 – 1 kg;
-crosta liscia e lucente;
-consistenza elastica e poi
sempre più fondente;
-pasta di coloro bianco
perlaceo a sfoglie sovrapposte che tendono a scomparire negli strati
sottostanti;
-sapore gradevolmente
acidulo con vago odore di muschiato.
La Mozzarella viene
prodotta durante tutto l’anno.
Valori nutrizionali
per 100 gr.
Grassi
16
Proteine 20
Zuccheri 5
Calorie
245
MOZZARELLA IN CARROZZA
Ingredienti per 4 persone:
8
fette di pan carrè
300
gr. di mozzarella
2
uova
3
cucchiai di farina bianca
2
cucchiai di latte
olio per friggere, sale.
Preparazione:
Asportare la crosta alle
fette di pan carré. Affettare la Mozzarella e mettere le fette su 4 fette di
pane. Coprire con le altre fette di pane e premere leggermente con le mani.
In un piatto fondo, sbattere le uova con il latte ed una presa di sale.
Infarinare leggermente le fette di pane e passarle nell’uovo, lasciandole
inzuppare.
Scaldare abbondante olio in
una padella e friggere le fette di pane finché non saranno dorate da ambo le
parti. Asciugarle su un foglio di carta assorbente e servirle caldissime.
Valori nutrizionali
Protidi 25
Lipidi 22
Glucidi 52
K cal 506
CACIOCAVALLO PODOLICO
Origine, zona e tecnica di produzione. Tipico
formaggio strettamente legato al bovino di razza Podalica: il latte della
Podalica è utilizzato in via esclusiva, perla produzione di questo tipico
formaggio. L’area di produzione tende a coincidere con quella
dell’allevamento del bovino: in provincia di Avellino si evidenziano i
contrafforti dei Monti Picentini mentre nel salernitano si sale nel Cilento,
sugli Alburni,nel Vallo di Diano, nell’alto sele e sui nostri Monti Lattari.
Dalle Podaliche, munte solo
al mattino, si ottiene il latte che è riscaldato a 40° e versato nel tino di
legno. Si aggiunge poi il caglio di capretto preparato in azienda. Dopo
un’ora si effettua la rottura della cagliata con un bastone di legno (detto
rondella) fino a portarla in grumi delle dimensioni di un chicco di mais.
Con un altro bastone (detto ruotolo) con un movimento
particolare, si fa depositare la cagliata sul fondo. Si toglie il siero che,
riscaldato a 50°, viene di nuovo aggiunto alla cagliata per favorirne
l’uscita del grasso: Si ritoglie il siero e si lascia maturare per due ore:
La cagliata viene così tagliata a fette, bagnata con acqua bollente e
portata a filatura con un terzo attrezzo (detto menatola). Si passa quindi
alla formatura dando a due chili e mezzo circa di prodotto filato la
caratteristica forma. I caciocavalli podolici così ottenuti si immergono in
acqua fredda durante la notte ed al mattino seguente vengono posti in
salamoia per tre giorni: Legati poi in coppia vengono appesi alle pertiche
per 120 giorni, periodo ideale di stagionatura.
Elementi di diversità.
Il caciocavallo podalico è prodotto anche fuori dalle aree di allevamento.
Ma vanno considerate aree crù di produzione quelle dove la bovina Podalica è
allevata ancora oggi allo stato brado e attraverso la tecnica della
transumanza. Il Caciocavallo Podalico è legato alla transumanza anche nel
sapore: in estate e autunno , quando le bovine sono portate sui monti, il
formaggio assume caratteristiche aromatiche che si esaltano nella
stagionatura del formaggio.
Durante l’inverno, il
pascolo in pianura, meno vario, conferisce al caciocavallo aromi più
marcati. Elementi decisivi di diversità sono l’esclusivo utilizzo di latte
proveniente da bovine di razza Podalica e un uso largamente tradizionale
degli strumenti tradizionali del casaro.
I sensi. Pasta di
colore paglierino, con rare occhiature, il caciocavallo Podolico al tatto
risulta semiduro e omogeneo. Compatto al taglio, profuma di latte e fieno.
Al palato risulta leggermente granuloso e raramente piccante. Servito in
fette da due centimetri di spessore o a scaglie, se molto stagionato, si
accompagna con castagne arrostite, funghi porcini e buoni vini rossi.
PROVOLONE DEL MONACO
Origine, zona e tecnica
di produzione .Prodotto in provincia di Napoli, principalmente sui Monti
Lattari che dominano a sud l’intero territorio dell’Agro Nocerino, tipico
del comune di Agevola e nelle zone basse della penisola di Sorrento.
La denominazione è dovuta
all’uso dei casari di proteggersi, durante i trasporti via mare tra Sorrento
e Napoli, a mezzo di lunghi mantelli, simili al saio del monaco.
I casari lavorano
separatamente il latte della mungitura del mattino e quello della sera. Il
latte viene riscaldato a 35°, dopodichè viene aggiunto il caglio in pasta
di capretto nella proporzione di 30 grammi per ogni 100 litri di latte.
A coaugulazione avvenuta
si attendono 30-40 minuti prima di rompere la cagliata con uno spino di
legni detto “sossa”:
La cagliata ben rotta,
viene separata dal primo siero e lasciata riposare per 15-20
minuti;successivamente viene sottratta la restante parte del siero e si
procede ad una seconda rottura della cagliata che viene frantumata in
granuli delle dimensioni di un chicco di mais.
L’impasto lavorato con un
bastone di legno per 10 minuti, viene avvolto in un telo, dove lo si lascia
colare per quasi un’ora. La pasta, così ottenuta, viene fatta riposare per
2-4 giorni .
Dopo la prova della
filatura, la pasta viene nuovamente sminuzzata e cotta con acqua bollente.
Si procede quindi alla
filatura ed alla formatura, passando poi i provoloni nella salamoia.
A questo punto, il provolone viene imbracata con
quattro corde ed appeso in cantine o grotte di stagionatura, ove permarrà
dai 4 ai 18 mesi.
Elementi di diversità:
I pascoli utilizzati nel periodo estivo – autunnale sono quelli dei Monti
Lattari, dove l’altitudine determina una composizione floristica ricca di
essenze che apportano numerosi aromi al latte che si esaltano durante la
maturazione del formaggio.
Per la materia prima si
segnala l’utilizzo della bovina agerolese, che si accompagna a quello di
Pezzata Rosa e Frisona.
I sensi: il
Provolone del Monaco si presenta con crosta rigata di colore marrone chiaro
– rossiccia: la pasta è paglierina con rare occhiature.
Al tatto essa risulta
semidura ed omogenea, compatta al taglio.
L’odore è di latte e di
fieno.
In bocca è leggermente
granuloso, poco piccante se stagionato.
Servito a fette di spessore
non superiore a due centimetri, il Provolone del Monaco è tradizionalmente
consumato durante la Pasqua e si accompagna al tipico salame napoletano, il
più delle volte prodotto in modo artigianale.
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