LETTERATURA della CUCINA ![]()
L’uomo è ciò che mangia. |
Le origini Il più antico libro di cucina che ci sia pervenuto fu redatto tra il I ed III terzo secolo dopo Cristo. La prima edizione stampata fu pubblicata a Venezia alla fine del XV secolo, sulla base di vari manoscritti trasmessi e copiati durante il Medioevo. Questo libro ha per titolo sia Ars magirica, ovvero L’arte del cuoco (Mageiros in greco significa appunto cuoco), sia Appicius culinarius sia, più frequentemente, De re coquinaria, vale a dire Delle cose di cucina. E’ difficile identificarne l’autore, di nome Apicio, e la difficoltà non dipende dal fatto che non si trova nessun Apicio nella storia di Roma, ma dal fatto che se ne trovano troppi. Il maggior indiziato è comunque Gavius Apicius, nato nel 25 a.C., buongustaio di cui vari autori, Tacito, Svetonio, Plinio e Seneca, ci parlano con abbondanza di particolari. Gavio Apicio dava banchetti suntuosi e teneva corsi gratuiti di gastronomia; fu pure l’inventore del procedimento di ingozzare le scrofe con fichi secchi e vino al miele allo scopo di ingrassarne il fegato e creò ricette per preparare la lingua di fenicottero, lo stinco di cammello e il fegato di triglia. Il suo merito principale non si identifica però in queste stravaganze ma, piuttosto, nel modo in cui ha intelligentemente codificato la cucina dell’antichità, sia greca che romana, la più lussuosa come la più popolare. Per quanto riguarda la pasticceria, Apicio ci ha lasciato alcune ricette che permettono di immaginare abbastanza bene in che cosa consistessero i dolci del suo tempo. A base di componenti come i datteri, noci, pinoli, farro, farina e soprattutto miele, questi dolcetti hanno caratteristiche di riconoscibilità, che si sono consolidate e tramandate nel tempo. Le ricette di Gavio Apicio, segnano infatti tappe fondamentali della storia della pasticceria moderna, come i croccantini, i biscotti e perfino l’omelette, che allora prendeva il nome di “ schiuma d’uova al latte”. Furono gli italiani i primi a trarre dall’antichità nuova ispirazione per i loro banchetti, e sempre gli italiani a compiere la felice fusione fra la robusta cucina delle varie regioni con i principi culinari importati dai crociati, oltre a dar vita alla raffinata cucina che fu in seguito esportata nel resto d’Europa. Italiano fu anche il primo cuoco ad avere le proprie ricette raccolte in un volume intitolato De onesta voluptate et valetudine (l’onesto piacere e la buona salute). Il libro in questione, pubblicato a Roma nel 1474, era opera di un filosofo e letterato a nome Platina, mentre le duecentocinquanta ricette in esso contenute appartenevano ad un cuoco, Maestro Martino. Di lui sappiamo molto poco: che è stato attivo tra il 1450 ed il 1475, che era nativo probabilmente di Como e che lavorò dapprima presso il Patriarca di Aquilea e poi a Roma. Maestro Martino è stato il primo a darci la ricetta del risotto allo zafferano, meglio conosciuto come Risotto alla Milanese, degli involtini di vitello, di numerose minestre e, per quanto riguarda i dolci, dei crespelli fiorentini, oggi noti col nome di cenci o Chiacchiere. Ma la fama di questo cuoco
è legata soprattutto ai ravioli, il cui termine deriva probabilmente da
rabiole, che in dialetto ligure significa avanzi. Il ripieno, fatto
appunto con ogni tipo di carne o di verdure, un tempo veniva fritto come le
frittelle. Il primo a racchiuderlo in un involucro di pasta, ottenendone i
ravioli come noi li conosciamo, fu proprio Maestro Martino, che ne ideò
anche una variante dolce, i caliscioni. Questi erano dei grossi
ravioli di pasta sfoglia, riempiti di marzapane e fritti in padella oppure
cotti al forno. Il nome originale si è poi trasformato a Napoli e proprio
nelle nostre zone in quello di calzone , diventando una
preparazione esclusivamente salata, e, in Francia, esattamente ad Aix- en-
Priovence, in quello di calissons, non più pasta ripiena ma piccole
losanghe confezionate con un impasto di mandorle, zucchero, sciroppo e acqua
di fior d’arancio. Il suo manuale di culinaria, Opera dell’arte del cucinare, per la bellezza della stampa, la metodica presentazione e comprensibilità, costituisce un tipico esempio della lineare eleganza dell’Alto Rinascimento. Ci vollero altri due secoli prima della comparsa, in Francia, di un libro altrettanto autorevole, e mai nessuno ha potuto competere con Scappi per la serie di vivaci e scrupolosamente esatti disegni illustranti la cucina ideale fornita dell’attrezzatura indispensabile al cuoco provetto. Il testo è esauriente quanto le illustrazioni, e le ricette sono così precise nei particolari e così chiaramente elencate, da fare invidia a parecchi moderni libri di cucina. Le numerose ricette per le torte, che Scappi chiama tortiglioni, rivelano quanto questo cuoco fosse esperto in pasticceria. Una ricetta intitolata Per fare tortiglione ripieno, confezionata con pasta di pane ripiena di frutta secca e alternata a strati di burro, ricorda da vicino certe torte da servire con il tè. Scappi è stato l’ideatore degli odierni crostini e crostoni, che però chiama con il nome di crostate o pan ghiotto. Certe sue preparazioni, su fette di pane fritto o abbrustolito, possono essere eseguite, con minime varianti, anche oggigiorno. In definitiva ,Bartolomeo Scappi può essere inserito, a buon diritto, fra le pietre miliari dell’arte del dolce e del salato. In questo mondo non è la vostra nazionalità a farvi quali siete, bensì il vostro talento, afferma Francesco Leonardi nel suo più importante testo culinario, L’Apicio Moderno. Ed egli fece certamente buon uso del suo talento: la lunga carriera di leopardi, che va dal 1740 al 1800, passa dall’eleganza di Napoli alla Francia monarchica, alla San Pietroburgo di Caterina la Grande fino agli anni della Rivoluzione Francese e delle guerre Napoleoniche. Data la supremazia della cucina francese nella moda culinaria dell’epoca, qualsiasi opera di cucina doveva per forza di cose basarsi su tecniche e ricette francesi. Tuttavia, L’Apicio Moderno è molto di più che non una semplice imitazione degli equivalenti francesi: con le sue tremila ricette raggranellate da una mezza dozzina di paesi e i suoi capitoli di interesse culinario generale, è piuttosto una vera e propria enciclopedia. Nonostante la sua internazionalità, Leonardi resta però un italiano che scrive per i suoi compatrioti. Grazie ai suoi cinquant’anni di esperienza in Italia e all’estero, è in grado di adattare liberamente ricette straniere, servendosi però di ingredienti tipicamente italiani. Leopardi, fatto basilare per la cucina italiana, è il primo cuoco a dar notizia di come venissero usati i pomodori. La sua ricetta del sugo di pomodoro non è cambiata di una virgola fino ad oggi; addirittura Leonardi vanta come propria invenzione il matrimonio fra la pasta e il pomodoro. A Leopardi dobbiamo, tra l’altro, la prima ricetta del calzone, che chiama Rissola alla napoletana e di una focaccia sottile al pomodoro avente tutte le caratteristiche della celeberrima P I Z Z A. L’ASCESA DELLA PIZZA Come abbiamo visto,
qualcosa di simile all’attuale pizza esisteva già ai tempi di Leonardi, ma
l’evoluzione di questo piatto, povero sì ma prelibato e sempre più
apprezzato anche dalla nobiltà, prende tutto l’Ottocento. La pizza, in quell’epoca, veniva preparata in sole due versioni: al formaggio e al pomodoro. La storia, o la leggenda, ci dice che il primo ad unire i due ingredienti fu nel 1889, il pizzaiolo Raffaele Esposito, in occasione della visita a Napoli dei sovrani d’Italia. Il fantasioso e patriottico pizzaiolo preparò una pizza tricolore, con il bianco della mozzarella, il rosso del pomodoro e il verde del basilico, chiamandola pizza Margherita in onore della prima regina d’Italia, cucinata nel forno dell’attuale pizzeria Brandi ubicata all’inizio di via Chiaia a Napoli. Fantasia o realtà ? Probabilmente , come sempre succede, un po’ tutt’e due… L’IMPASTO BASE Oggigiorno è facile trovare in vendita quest’impasto surgelato. Ma avendo però tempo e voglia, qualche volta si può provare a prepararlo con le proprie mani. Indubbiamente risultato e soddisfazione saranno maggiori. Per semplicità, abbiamo uniformato le dosi all’impiego di 500 g di farina. Pasta per pane Ingredienti: 500 grammi di farina bianca 25 grammi di lievito di birra ½ litro di acqua tiepida 10 grammi di sale Preparazione: Sulla spianatoia disponete a fontana la farina ed il sale, e nel buco versate poca acqua tiepida in cui sarà stato sciolto il lievito sbriciolato. Impastate a lungo e bene, aggiungendo gradualmente l’acqua rimasta, poi formate una grossa palla che metterete a lievitare in un posto caldo dentro una ciotola, unta di olio o di burro e coperta con un tovagliolo. Dopo tre ore l’impasto dovrebbe aver raddoppiato il suo volume. A questo punto preparate ciò che vi serve e , prima di infornare, lasciate lievitare la vostra preparazione ancora una ventina di minuti. La pasta per il pane, oltre che per il pane, serve anche per pizze e focacce.
La pizza al trancio è l’unico modo per poter servire questo famoso piatto accontentando molti commensali contemporaneamente. Le occasioni non mancano di certo : cocktail, pranzo in piedi e buffet sono le più indicate.
Ingredienti 400 g di pasta per pane 250 g di mozzarella 150 g di polpa di pomodoro ristretta 10 filetti di acciuga Olio di oliva Origano Pepe
Preparazione Lavorare la pasta con l’aggiunta di un po’ di olio e stenderla in una teglia di 30 cm di diametro. Condire la superficie della pizza con la polpa di pomodoro, i filetti di acciuga, l’origano e il pepe, cospargendo il tutto di olio. Infornare a 220 ° C per circa 10 minuti. Togliere dal forno, ricoprire la pizza con la mozzarella tagliata a fettine e rimettere in forno a completare la cottura. Sfornare e servire dopo qualche minuto.
Protidi 91
Lipidi 53 Kcal 1693 CHIACCHIERE A carnevale, la festa per eccellenza dei bambini, non si può rinunciare a questi tipici dolci apprezzati, a dire il vero anche dai grandi. Ingredienti 250 g di farina bianca 50 g di zucchero 25 g di burro 2 uova vaniglia in polvere liquore Marsala zucchero a velo olio per friggere.
Preparazione Mischiare farina, zucchero e vaniglia. Disporre a fontana e mettere al centro le uova ed il burro ammorbidito. Impastare bene gli ingredienti aggiungendo un po’ di Marsala se la pasta dovesse risultare troppo consistente. Tirare la pasta con il matterello in modo da formare una sfoglia piuttosto sottile e ricavare da questa dei rettangoli di circa 8 x 12 cm, usando una rotellina dentata. Fare nel mezzo di ogni rettangolo tre tagli, lasciando le estremità unite. Riempire a metà una casseruola con l’olio; quando sarà diventato bollente, calare due o tre chiacchiere per volta, facendolo dorare da entrambi i lati. Fatele sgocciolare su di una carta assorbente e servire spolverizzando con zucchero a velo. Valori nutrizionali Totali Protidi 40 Lipidi 44 Glucidi 256 Kcal 1580 |