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Il pane







“Io sono il pane di vita . . .
se uno mangia di questo pane vivrà in eterno”
(Gn 6,51)
























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IL PANE
La farina
La farina è il prodotto della macinazione del frumento (grano tenero -Triticum vulgare)
Per essere adatta alla panificazione, necessita di un periodo di maturazione (stagionatura), in un ambiente asciutto e sufficientemente aerato (da qualche settimana a due mesi e più), durante il quale i suoi componenti subiscono delle modificazioni che rendono possibile la successiva lievitazione.
Gli enzimi contenuti nelle cellule del chicco di grano (in maggioranza diastasi) operano la trasformazione di parte dell'amido in zuccheri, quegli stessi che serviranno più tardi, durante la lievitazione, per essere trasformati in alcool e anidride carbonica. Le proteine vengono attaccate dalle proteasi, enzimi che ne semplificano la struttura, rendendole più facilmente utilizzabili dai lieviti. Le trasformazioni diastatiche della farina sono tanto più rapide quanto più essa è ricca di enzimi e umidità.

Anche la temperatura dell'ambiente di stoccaggio ha la sua importanza, dovrebbe aggirarsi sul 15° C e con umidità dell'aria intorno al 70%.

Le fasi della lavorazione
PANIFICAZIONE
IMPASTO
FERMENTAZIONE PANARIA E LIEVITAZIONE
PROCESSO DI COTTURA

PANIFICAZIONE
Il pane si ottiene per lievitazione e cottura di un impasto di farina, acqua, lievito ed eventualmente sale.

Impasto
L'impastamento è la prima fase del processo di panificazione e ha lo scopo di miscelare in modo omogeneo gli ingredienti, idratare le sostanze solubili, formare il glutine e incorporare aria, ottenendo infine un composto elastico, omogeneo e non appicicaticcio.

L'energia viene fornita o per impastamento manuale o mediante l'impiego di impastatrici meccaniche. Durante l'impastamento l'acqua viene assorbita da parte della farina, soprattutto dalle proteine. Il volume del pane è legato principalmente al contenuto proteico delle farine, che, nella fase di impasto, portano alla formazione del glutine, la cui molecola dà tenacità ed elasticità. Da queste caratteristiche dipende la capacità dell'impasto di lievitare e di trattenere l'anidride carbonica.

FERMENTAZIONE PANARIA E LIEVITAZIONE
Nella fase di lievitazione si determinano le proprietà organolettiche del pane: dall'aroma alla fragranza della crosta. Questo processo dipende soprattutto dall'azione di alcuni lieviti, che hanno lo scopo di provocare la fermentazione panaria - favorendo, in tal modo, lo sviluppo di anidride carbonica, che fa rigonfiare la pasta, rendendola spugnosa e, quindi, più idonea alla cottura -, nonché di produrre un insieme di composti chimici che insaporiscono il pane.

La temperatura ideale per la lievitazione degli impasti è di 30-36° C. Si ha così un pane leggero, assai digeribile.
I lieviti più comunemente usati in panificazione sono due: il lievito naturale o lievito di pasta acida e il lievito compresso.
Il primo si ottiene impastando, a una temperatura di 20-30°, farina con acqua, e rinnovando, poi, per tre giorni, tale impasto, con altrettanta acqua e farina, dopo il riposo di una giornata.
Questa pasta lievitata si chiama anche lievito capo: è ricca di microrganismi capaci di riprodursi abbondantemente e rapidamente in una nuova pasta, facendola entrare in fermentazione.
Il lievito compresso - impropriamente chiamato lievito di birra, perché un tempo si usava allo stesso scopo il lievito che si deposita sul fondo dei tini di fermentazione dei mosti di birra.
Appena immesso il lievito nella pasta, inizia la fermentazione panaria.

Questa fermentazione è prodotta dall'azione di alcuni enzimi presenti nelle cellule del lievito; per effetto di tale azione, gli zuccheri delle farine, provenienti dalla trasformazione dell'amido e che, nel frattempo, si sono sciolti nell'acqua dell'impasto, penetrando nelle cellule del lievito, si trasformano in alcool e anidride carbonica formando gli alveoli, che determinano la spugnosità caratteristica dell'impasto lievitato e del pane cotto, mentre l'alcool contribuisce a dare al pane il suo sapore.
Quando l'impasto ha raggiunto l'optimum di fermentazione, si procede alla sua divisione nelle pezzature volute, che vengono subito foggiate nella forma desiderata.

PROCESSO DI COTTURA
In forno il pane è sottoposto ad una temperatura di 200-300° C, la quale non si propaga, però, al di là dei suoi strati superficiali. In questi strati, dapprima una parte dell'amido si trasforma in destrina (sostanza giallognola, di sapore dolciastro, che si ottiene dagli amidi per mezzo di acidi diluiti); man mano che essi assumono la temperatura del forno, le destrine si caramellano e una parte del rimanente amido comincia a torrefarsi.
Si forma così una crosta più o meno spessa e di colore più o meno scuro. Nell'interno del pane la temperatura si mantiene sempre relativamente bassa (100° circa). Un buon pane deve essere poroso, leggero, di odore gradevole; deve avere la crosta sottile nella parte superiore, e più grossa e sonora alla base. La superficie deve essere di colore vivo e dorato, la mollica soffice ed elastica.

Le forme di pane prodotte nel vicentino
PASTA DURA cioppa (tipica vicentina a sei corni), mantovana, foglie, biove, piave, becchi, banana, tagliuzzata
PASTA NORMALE banane, mantovane, montasù, kiffer, maggiolino, filoncino a mandorla, rosetta, spaccatina kaiser, casarecci, cioppetta tipo padovano, trecce, toscano (normale - in cassetta affettato), pugliese
PASTA MOLLE zoccoletti, ciabatte, soffiate, filoncini, grissini stirati
PANE A CROSTA FINE (all'olio, allo strutto, al burro, alle olive, a tre e cinque cereali, ecc.)
PANI "SPECIALI" banane, mantovane, groppetti, bovoli, manine, trecce, becchi, filoni, filoncini, filoncino a mandorla, rissette, rissette doppie, kiffer, bauletti, ciondoli, pinse, carciofini, ferraresi (ragni), cinesine, carrè, barchette, esse, spianate sarde, carta da musica, grissini