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Delay, echo, riverbero... qualche definizione


Innanzi tutto è necessario dare delle definizioni precise. Troppo spesso si fa una assoluta confusione tra delay, echo e riverbero, ma si tratta di tre cose ben distinte. In pratica sia l'echo che il riverbero sono due tipi particolari di delay.

  • Il "Delay" è definito come la suddivisione di un segnale in componenti seperate, una delle quali viene ritardata, e quindi reintrodotta nel segnale originale.

  • L'"Echo" è definito come un delay di approssimativamente 35 ms, nel quale le rigenerazioni sono ugualmente spaziate tra loro e nel quale la porzione di rilascio dell'inviluppo del suono è pure uniforme.
    A volte si parla di "Early Reflections", intendendo la stessa cosa che abbiamo chiamato "Echo".

  • Il "Reverb" (riverbero) è definito come un delay di meno di 35 ms, nel quale le rigenerazioni sono distribuite in modo casuale, e nel quale la porzione di rilascio dell'inviluppo del suono è pure casuale.
    A volte si parla di "Later Reflections", intendendo la stessa cosa che abbiamo chiamato "Reverb".

Da queste definizioni si comprende che il delay è in generale ogni effetto nel quale un suono viene ritardato e riprodotto assieme alla sorgente. Delay significa infatti "ritardo", e quindi ogni effetto in cui ci sia un segnale ritardato è un delay o è basato su un delay. Sono basati su un ritardo, come vedremo, echo, riverbero, phase, flanger.
L'echo è un delay in cui il ritardo sia di almeno 35 ms. Questo tempo minimo fa sì che il nostro orecchio riesca a percepire il suono ritardato come perfettamente distinto da quello originale. Questo infatti è ciò che accade nella nostro esperienza con l'eco naturale.
Il riverbero è invece la riproduzione delle numerose eco sovrapposte e molto veloci che si verificano in un ambiente chiuso e ristretto, come può essere una stanza, una caverna, una hall, eccetera. Il riverbero è composto di molte riflessioni sovrapposte, con tempi di ritardo diversi tra loro, e nessuna di queste supera i 35 ms, cosicchè l'orecchio non percepisce riflessioni separate, ma ha invece la sensazione di una "coda" del suono diretto.


Un po' di storia


Prima ancora dell'invenzione della registrazione magnetica, il primo delay fu utilizzato nelle trasmissioni radio. Esso venne creato inviando il segnale audio attraverso le linee telefoniche ad una città lontana centinaia di chilometri, e poi riportandolo indietro. Il tempo impiegato dal segnale per compiere il viaggio sulle linee telefoniche causava il ritardo nel segnale rispetto al segnale sorgente, ottenendo così un effetto delay.

Dopo l'introduzione della registrazione magnetica, Les Paul realizzò che lo spazio tra la testina di registrazione e quella di riproduzione di un registratore a nastro poteva essere utilizzato per creare un delay a nastro (Tape Delay).

Tape delay


Più tardi, per aumentare il tempo di delay, Les Paul collegò due registratori a nastro, e infine, con l'avvento delle piastre a velocità di riproduzione variabile, riuscì a controllare il tempo di delay effettivo rallentando o accelerando la seconda piastra. Ma Les Paul si trovava di fronte ad un dilemma ogni volta che il nastro sulla seconda piastra terminava: in questo caso infatti l'effetto si interrompeva bruscamente. La risposta a questa questione giunse alcuni anni più tardi, con un nuovo tipo di delay a nastro chiamato Echoplexing. Questo delay utilizzava un loop su un nastro continuo che consentiva di realizzare un delay continuo senza restare a corto di nastro. Gli Echoplexers furono utilizzati per tutti gli anni settanta ed è ancora possibile trovarne qualcuno in qualche studio oggi (sebbene magari ricoperto di polvere!).

Echoplex


Verso la metà degli anni settanta si verificò l'inizio dell'era digitale, e con essa comparvero le prime linee di delay digitale o "DDL" (Digital Delay Line). Però, a causa del costo rilevante della tecnologia digitale a quei tempi, le DDL in genere avevano una ampiezza di banda di soli 10 - 15 kHz. Principalmente esse non furono utilizzate per registrazioni in studio, ma venivano impiegate in luoghi molto ampi per tenere in sincrono gli speaker molto lontani tra loro.

DDL

Verso la fine degli anni settanta, gli Analog Delay divennero molto popolari a causa del loro prezzo piuttosto ridotto. Molti musicisti ancora oggi ritengono che i delay analogici suonassero più "grossi" e più caldi dei delay digitali. Chiunque ne abbia utilizzato uno, in realtà, sa che essi sono soggetti all'introduzione di molto rumore esterno, da EMF o da altre sorgenti, estranee al segnale originale.

Gli effetti di Echo e Riverbero, nell'epoca pre-digitale, venivano realizzati riproducendo un segnale audio in una stanza con pareti molto rigide (e quindi particolarmente riflettenti) e registrandone le riflessioni. Queste stanze, note come Live Rooms, offrivano ai tecnici una possibilità di controllare i parametri del riverbero soltanto cambiando la posizione del microfono quando registravano le riflessioni. Se c'era bisogno di più riverbero, semplicemente il microfono veniva spostato più lontano dalla sorgente sonora, mentre un riverbero minore veniva ottenuto spostando il microfono più vicino alla sorgente sonora. In breve vennero escogitati sistemi intelligenti e stravaganti per modificare l'inviluppo del riverbero, come ad esempio appendere materiali assorbenti su alcune pareti, oppure utilizzare pannelli rimovibili più o meno riflettenti, etc.

Oggi i tecnici, nella maggior parte dei casi, registrano i segnali "dry" (ossia asciutti, senza alcun effetto) cercando di ottenere un segnale della migliore qualità, e solo in seguito aggiungono questo tipo di effetti, quando realizzano il missaggio finale di una registrazione. Questo modo di procedere ha condotto ad un definitivo mutamento di direzione nella struttura degli studi di registrazione. Laddove una volta solo chi disponeva di ampi mezzi poteva permettersi di realizzare ambienti che offrissero riverberazioni di alta qualità, oggi chiunque disponga di un'area di registrazione relativamente quieta può manipolare i suoni grazie a processori di segnale digitali di alta qualità. Il "digital processing" è divenuto un vero e proprio standard, al punto che ormai molti apparecchi stereo casalinghi offrono alcuni tipi di riverbero per l'ingresso microfonico, così come i software di gestione delle interfacce audio economiche per pc.


Camere acustiche


Le camere acustiche (o "acoustic chambers", in Inglese) sono stanze dotate di pareti altamente riflettenti e di pannelli mobili che consentono al tecnico di modificare le condizioni della stanza.
Il riverbero viene creato dalle riflessioni delle pareti e anche dalle riflessioni o dall'assorbimento del suono da parte dei pannelli. I microfoni vengono piazzati nella stanza in modo da ricevere in minima parte il suono diretto e in massima parte il suono riflesso.
Il vantaggio di una camera acustica sta nella naturalezza del suono del riverbero. Per contro, naturalmente, le camere acustiche sono estremamente costose da realizzare, in gran parte a causa delle necessitàè di trattamento delle superfici e del fatto che esse devono essere particolarmente grandi per non perdere informazione sulle basse frequenze. Esse inoltre richiedono molto tempo per essere preparate, il che risulta anche in costi molto alti per la costruzione dello studio.

Acoustic chamber



Riverbero plate


Se vi è mai capitato di ascoltare una registrazione realizzata prima della cosiddetta "rivoluzione digitale", allora è molto probabile che abbiate ascoltato un "plate reverb". Il plate reverb utilizza una larga lamina d'acciaio sospesa all'interno di un'intelaiatura. Questa lamina vibra grazie ad un conduttore simile a quello utilizzato negli speaker. Ci sono microfoni montati sulla lamina che assorbono queste vibrazioni e le trasducono in segnali elettrici.

Plate reverb


Il plate reverb genera un suono che ha la caratteristica di essere molto piacevole all'orecchio e per questo motivo è ancora la forma di riverbero analogico preferita da molti musicisti professionisti. Il vero svantaggio del plate reverb sta nel suo costo e nel suo ingombro. I plate reverb possono misurare vari metri e devono essere perfettamente isolati. Ciò non è particolarmente pratico per la maggior parte degli studi, e certamente non può essere preso in considerazione l'utilizzo del plate reverb in situazioni live, motivo per cui oggi ormai vengono utilizzati quasi esclusivamente sistemi digitali.

Un tipo particolare di plate reverb è il cosiddetto "foil reverb", che si basa sugli stessi principi ma utilizza una sottile sfoglia d'oro al posto della lamina d'acciaio.


Riverbero a molla


Il riverbero a molla (in Inglese "spring reverb") utilizza il movimento della vibrazione di una molla per convertire il segnale in energia elettrica. I riverberi a molla sono le unità di riverbero più economiche che si possono trovare sul mercato, e sono il tipo di riverbero che si trova generalmente sugli amplificatori per chitarra che sono dotati di una manopola per il riverbero. La manopola regola la quantità di ritorno del riverbero che viene sommato al segnale originale.

Spring reverb


Il problema più serio del riverbero a molla è che questo aggiunge spesso molto rumore al segnale e che può andare facilmente in sovraccarico. Il sovraccarico si manifesta quando un amplificatore che utilizza un riverbero a molla riceve un forte scossone, come ad esempio può capitare facilmente su un palco durante un live. Quando ciò accade, la forte vibrazione della molla può causare una grossa generazione di corrente all'interno dell'amplificatore, il che può far saltare le valvole (questo naturalmente non è il caso dei solid state amps, ma va detto che la maggior parte dei solid state amps oramai è dotata di qualche tipo di riverbero digitale). In genere i chitarristi che usano gli amp dal vivo conoscono molto bene le problematiche dei riverberi a molla. Nella maggior parte dei casi, in effetti, è consigliabile evitare di utilizzare riverberi a molla, visto che non è mai stato ideato un sistema che riesca ad evitare realmente questi problemi.


Riverbero digitale


Fino all'avvento del riverbero digitale, la maggior parte degli ingegneri del suono si preoccupavano ben poco - nel senso che non potevano modificarlo più di tanto - del modo in cui il riverbero modificava l'inviluppo del suono originale. In effetti, il parametro utile era uno solo: il riverbero utilizzato o piaceva o non piaceva. Dopo la rivoluzione digitale, invece, gli ingegneri sono stati praticamente costretti a studiare le relazioni tra il suono "pulito" originale e le pareti riflettenti (virtuali). Ben presto tra le preoccupazioni dei tecnici si inserirono il controllo delle rigenerazioni e del tempo di rilascio, eccetera. Nele moderne unità di riverbero digitali è possibile controllare una sequela di parametri tra cui le dimensioni della stanza il cui riverbero si vuole riprodurre e il posizionamento dei microfoni, con complessi algoritmi matematici che riproducono in modo estremamente accurato ogni possibile aspetto del riverbero nella maggior parte delle possibili situazioni reali.

Digital reverb



Doubling


Il doubling è un effetto utilizzato molto spesso dagli ingegneri di studio durante le registrazioni. Il doubling consiste semplicemente in questo: dopo che un musicista ha inciso una traccia, la suona nuovamente riascoltando la vecchia traccia, e la nuova esecuzione viene registrata su una nuova traccia. Quando le due tracce vengono riprodotte in contemporanea, le minime variazioni nel timing tra di esse creano un suono più pieno di quello che restituisce una singola traccia. Questo effetto non è tecnicamente simile ad un riverbero, ma il risultato all'orecchio può essere in qualche modo assimilabile, perchè l'effetto è comunque di arricchire il suono e in qualche modo prolungarne la durata. Il doubling viene utilizzato molto spesso nelle registrazioni professionali, più di quanto crediate!

Il "digital doubling" è un effetto digitale che divide il segnale in due componenti, e ritarda una delle porzioni di alcuni millisecondi. Questo effetto può essere molto utile quando si sta lavorando in studi particolarmente costosi, dove ogni secondo di lavoro in più costa altro denaro, e quindi la tecnica del doubling reale può risultare troppo dispendiosa. Il doubling digitale ha però il difetto di non essere in grado di anticipare una nota, ma solo di ritardarla. Nel doubling reale, il musicista può suonare una nota alcuni millisecondi dopo, ma anche alcuni millisecondi prima, rispetto alla prima registrazione. Questo dona una maggiore naturalezza alla registrazione nel suo insieme, ed è questa naturalezza a rendere particolarmente efficace il doubling. Nel doubling digitale, invece, il processore è obbligato a doppiare sempre le note già suonate precedentemente, poichè l'elettronica non è ovviamente in grado di "predire" la nota che sta per essere suonata. In realtà esistono doubling digitali in grado di generare effetti più realistici alternano ritardo e anticipo, ma hanno due inconvenienti: il primo, ovvio, è che il doubling va effettuato in un secondo momento, e non può essere applicato direttamente durante la registrazione. Il secondo, e molto più importante, è che il procedimento random non sempre riesce a rendere lo stesso effetto che si ottiene quando è il musicista a decidere, anche inconsapevolmente, dove e quanto anticipare o ritardare nella sua esecuzione. Il fattore umano, insomma, in certe cose è ancora (fortunatamente) decisivo!


Echo slapback


Abbiamo detto che l'echo può essere definito come un segnale ritardato con varie rigenerazioni. Quando però c'è una sola ripetizione distinta, allora si parla di "slapback echo". Il tempo di ritardo che consente di udire una ripetizione distinta, ossia come echo e non come riverbero, è in genere tra i 30 ed i 50 millisecondi, a seconda dell'ascoltatore. Un tempo medio che si applica alla maggior parte delle persone, e che viene in genere preferito dagli ingegneri in studio, è di circa 35 ms.


Phasing


L'effetto di phasing viene generato dividendo il segnale in due componenti, ritardando una delle due porzioni di pochi millisecondi, e poi reintroducendo questa porzione con la stessa ampiezza della sorgente. Questo procedimento causa il risultato che i due segnali sono a volte in fase tra loro e a volte fuori fase, generando un caratteristico suono "turbinante". L'unità che produce questo effetto viene correttamente denominata "phase shifter" ma in genere il nome più utilizzato è quello di "phaser".

I phaser moderni vengono costruiti utilizzando uno speciale gruppo di filtri denominati "allpass filters", ossia filtri passa-tutto. Come implica il nome, i filtri passa-tutto lasciano passare tutte le frequenze, senza alcuna attenuazione ne' amplificazione. L'output dei filtri passa-tutto viene poi sommato al segnale originale.
La quantità di segnale filtrato viene regolata con un controllo "depth" o "mix" o "level"
Ciò che dà al suono la sua caratteristica è il fatto che i filtri passano tutte le frequenze, ma ne modificano la risposta di fase, mediante un controllo di "phase response" o semplicemente "phase".
L'effetto di phase shifting può essere reso più "intenso" utilizzando il feedback, ossia sommando parte dell'output del filtro all'input. Alcune unità consentono anche di avere feedback negativo, ossia di sottrarre l'output dall'input.

Phaser: diagramma



Flanging


Il flanging prende il proprio nome da un effetto creato in studio dal solito Les Paul, il quale provò a fare pressione sul bordo (o flangia, in Inglese "flange") del nastro magnetico per rallentarlo. Questa pressione produce l'effetto di phase shifting così come è stato descritto per il phaser, ma con una leggera variazione del pitch (intonazione) della registrazione, a causa del rallentamento nel movimento del nastro tra le testine di registrazione e di riproduzione. Oggi il flanger utilizza ancora questa variazione del pitch, e questa è la principlae distinzione tra un flanger ed un phaser.
Essenzialmente quindi un flanger può essere pensato come un phaser con in più variazioni dell'intonazione.

I flanger moderni consentono di controllare la quantità di segnale ritardato viene aggiunto all'originale, con un controllo di "depth" o "mix". Alcune unità forniscono l'opzione di prendere una porzione dell'output del flanger e di reindirizzarlo all'input: questo è il controllo di "feedback". In alcuni casi, è anche possibile specificare se sommare o sottrarre il segnale fornito in feedback. Una grossa quantità di feedback può generare un suono molto "metallico" e intenso.

Flanger: diagramma



Chorus


Così come un coro in un gruppo di cantanti, l'effetto di "chorus" fa in modo che un singolo strumento suoni come se in realtà ci fossero vari strumenti suonati insieme. Il chorus rende in genere un suono più ricco e più presente.
L'algoritmo su cui è basato il chorus è molto semplice: così come due cantanti in realtà non cantano mai veramente all'unisono, nel chorus viene generato un ritardo tra il suono originario e alcune sue copie. In aggiunta, il pitch viene leggermente modificato in modo da dare maggiore ricchezza all'insieme, e ancora una volta donando maggiore naturalezza all'effetto generato.

Il delay viene generato semplicemente tramite una linea di delay. L'effetto di "detune" viene generato trasformando la semplice linea di delay in una linea di delay a lunghezza variabile. "Lunghezza variabile" significa che il delay time cambia nel tempo. Per far sì che il delay time cambi nel tempo, viene utilizzato un filtro LFO che fa variare una forma d'onda sinusoidale, la quale controlla il suono del chorus modificando la propria frequenza e la propria ampiezza.
Nel diagramma potete vedere un semplice schema di chorus.

Chorus: diagramma



Pitch shift


Una unità di "pitch shifting" viene utilizzata per modificare il pitch (o intonazione) di un segnale senza modificare il timing del materiale registrato. In questo modo ad esempio una registrazione che vada a 120 bpm e che sia intonata in LA, potrà essere mantenuta a 120 bpm ma intonata in SI, o in SOL, tanto per fare un esempio. Il pitch shifting viene spesso utilizzato nel processo detti "Time Compression" che consiste nell'accelerare il materiale registrato, in modo da ridurre il tempo necessario per la riproduzione. Questo processo però in genere alza l'intonazione del materiale registrato: qui interviene il pitch shifter che riporta il pitch a quello originario, in modo da eliminare l'effetto secondario, per così dire, della Time Compression. Il risultato è che è possibile riprodurre una registrazione di 4 minuti in un tempo ad esempio di 3 minuti e mazzo, senza modificarne l'intonazione. Questo effetto veniva utilizzato in modo massiccio - e si usa ancora oggi - nella trasmissione commerciale, in cui è necessaria un'aderenza stretta ai tempi programmati.
Naturalmente il pitch shifting può essere utilizzato anche per ottenere risultati artistici interessanti, in genere sommando l'output dell'effetto al segnale originale. La madre di tutti i pitch shifter può essere considerato lo storico Harmonizer di Eventide.

Eventide Harmonizer


Questo in effetti fa molto più di un semplice pitch shifter, ma la maggior parte dei suoi algoritmi sono basati inizialmente sul principio della modifica del pitch. Per fare solo qualche esempio dell'uso dell'Harmonizer, si possono citare il tipico suono della voce nelle incisioni classiche dei Def Leppard, o più recentemente nelle incisioni di Alanis Morrisette, tanto per citare due nomi tra tanti. Spesso il pitch shift viene utilizzato in modo "soft" sulle chitarre rock per rendere il suono più pieno.


Parametri


Non è possibile elencare qui tutti i parametri che possono essere trovati su un'unità di riverbero o di delay, perchè questi parametri sono in pratica numerosi quanto le unità stesse. Inoltre spesso i costruttori utilizzano nomi differenti per indicare le stesse cose, il che complica un po' la situazione. Comunque, quelli che seguono sono alcuni parametri tra quelli principali, che troverete sulla maggior parte delle unità.

  • Tempo di delay (delay time)
    Questo parametro regola il tempo che intercorre tra l'introduzione del segnale originale e la reintroduzione del segnale effettato. Questo parametro si esprime in genere in millisecondi, ed ha un range da pochi millisecondi ad alcuni secondi.

  • Tempo di pre-delay (pre-delay time)
    Il pre-delay time è la quantità di tempo che passa prima che le rigenerazioni di un segnale effettato vengano reintrodotte nel segnale originale. Questo tempo non va confuso con quello di delay! Il tempo di pre-delay è in pratica il tempo che intercorre prima che il delay cominci a funzionare: quando passa il tempo di pre-delay, il delay entra in funzione e utilizza il parametro di delay time per stabilire dopo quanto tempo va riprodotto il suono.
    A cosa serve il tempo di pre-delay? In natura, il suono diretto raggiunge l'ascoltatore prima dei suoni riflessi. Più vicina è la sorgente, più lungo è il tempo che intercorre tra il suono diretto e quello riflesso. Viceversa, più lontana è la sorgente sonora, più breve è l'intervallo tra il suono diretto e quello riflesso. Modificando il tempo di pre-delay, il tecnico può modificare la sensazione dell'ascoltatore riguardo la profondità spaziale del suono. Aumentare il tempo di pre-delay può inoltre conferire all'attacco del suono una nitidezza che altrimenti potrebbe andare persa.

  • Filtro passa-alto (high-pass filter)
    Un filtro passa-alto (abbreviato HPF, dalle iniziali di High Pass Filter) è spesso disponibile nelle unità di delay o di riverbero per aiutare a riprodurre in modo più naturale le caratteristiche del suono effettato. Infatti, poichè è necessaria maggiore energia per il movimento delle onde ad alta frequenza, risulta che in natura l'informazione ad alta frequenza è la prima a dissiparsi con l'aumentare della distanza. Statisticamente, circa il 30% dell'informazione ad alta frequenza viene assorbita nel contatto con la prima superficie riflettente. Ciò naturalmente dipende in realtà caso per caso dal materiale di cui è fatta la superficie. Una regola generalmente accettata è quella di porre il nostro HPF a circa 110 Hz in modo che le basse frequenza non ottengano riverberazioni. Questo aiuta a mantenere i bassi profondi più chiari e puliti.

  • Filtro passa-basso (low-pass filter)
    Un filtro passa-basso (abbreviato LPF, dalle iniziali di Low Pass Filter) è esattamente l'opposto di un HPF e viene in genere settato ad 8 kHz per le voci. Ciò consente al tecnico di ottenere un riverbero dal suono più naturale, in quanto il range tra i 10 ed i 20 kHz è difficilmente percepito in un riverbero in una situazione reale. A volte però lasciare inattivo il LPF può dare al suono una maggiore brillantezza, quindi è difficile dare una regola generale.

  • Tempo di riverbero (reverb time)
    Il tempo di riverbero è il tempo che impiega la porzione di segnale interessata dal riverbero a calare di 60 dBv al di sotto del livello della sorgente. Come già detto dando la definizione di riverbero, le unità di riverbero generano dei tempi random per le rigenerazioni, in modo da simulare le complesse riflessioni generate nelle situazioni reali. Però può essere regolato il tempo di riverbero in modo da stabilire in quanto tempo debba "spegnersi" il suono.
    Il tempo di riverbero coincide con quello che i tecnici chiamano "RT60" dalle iniziali di "Release Time 60 (dB)".


Come funziona oggi un delay


Echo

Ponendo la questione nel modo più semplice possibile, un delay prende un segnale audio, e lo riproduce dopo il tempo di delay. Il tempo di delay può variare tra alcuni millisecondi e alcuni secondi. Quello che potete vedere nell'illustrazione è un diagramma del delay. Il delay raffigurato produce una singola copia dell'input, per cui in questo caso abbiamo un'unità di echo.

Delay: diagramma


Feedback delay

Avere l'effetto di un singolo echo può essere limitante, per cui le unità di delay hanno anche un controllo di "feedback" (a volte detto "regeneration") che prende l'output del delay, e lo manda indietro all'input, come potete vedere nel secondo diagramma. Così è possibile far ripetere il suono varie volte di seguito, diminuendone il volume ogni volta che questo viene riprodotto se il valore di "gain" del feedback è minore di 1, o indefinitamente uguale se il feedback gain è pari a 1. la maggior parte dei delay non lasciano la possibilità di impostare il feedback gain ad 1, ma solo a valori minori, per garantire la stabilità del sistema. Grazie al feedback, il suono può essere teoricamente ripetuto all'infinito, ma ad un certo punto esso diverrà di volume così basso che sarà al di sotto del rumore d'ambiente e sarà impossibile udirlo.

Delay: diagramma con feedback


Multi-tap delay

In molti casi è richiesta una maggiore flessibilità ad una unità di delay, e la flessibilità è esattamente ciò che offre un multi-tap delay. I multi-tap delay consentono di creare pattern complessi che possono aggiungere una qualità ritmica al suono dello strumento.
nelle unità di delay viste sopra, l'output viene preso dopo che il segnale è stato ritardato per l'intero tempo di delay. Ma è anche possibile prendere altri output, per così dire parziali, in modo che il segnale è stato ritardato solo per una porzione del tempo di delay totale. L'azione di prendere un output da un punto all'interno della linea di delay viene definito "tap" della linea di delay ("tapping" significa "dare un colpo").
Le unità sono in genere definite con il numero dei "tap" disponibili, quindi un 3-tap delay ha tre tap a disposizione, un 4-tap delay ne ha 4, etc. Se non si desidera utilizzare uno dei tap, è sufficiente impostare l'output level di quel tap a zero. La quantità di delay tra i vari tap può essere differente.
Quello che vediamo è il diagramma di un 4-tap delay.

Multi-tap delay


Ping-pong delay

Come il nome suggerisce, il ping-pong delay produce un suono rimbalzante, dove i rimbalzi tipicamente avvengono tra il canale destro e il canale sinistro di un segnale stereofonico. Il ping-pong delay utilizza due delay distinti, ognuno con il proprio input (se lo si desidera si può inviare il medesimo segnale a entrambi gli input). Invece di reinviare l'output al propio input, la linea di feedback di ogni delay manda il segnale all'altro delay. Questo sistema produce due segnali di output, che quando vengono pannati separatamente a destra e a sinistra creano il classico effetto di "rimbalzo" del suono.

Ping-pong delay


Riverbero

Le unità di riverbero utilizzate al giorno d'oggi utilizzano algoritmi enormemente complessi e non è il caso di darne spiegazioni o esempi qui.
Ci limitiamo a fare un esempio molto elementare che dà l'idea di come funzionino le unità più semplici.
I primi algoritmi di riverbero digitali cercavano di imitare le riverberazioni naturali di una stanza utilizzando due tipi di filtri a risposta di impulso infinita ("infinite impulse response", IIR), in modo che l'output andasse a scemare gradualmente.
Uno di questi filtri è il cosiddeto "comb filter", il quale deve il proprio nome alla propria particolare risposta in frequenza, che ricorda quella di un impulso che rimbalza tra due pareti.
L'altro filtro principale utilizzato è il già citato "allpass filter", che come abbiamo visto incide solo sulla fase del segnale.
Il primo a realizzare unità di riverbero digitali fu Schroeder, e una delle sue famose unità di riverbero utilizza quattro comb filters e due allpass filters, come è possibile vedere nel diagramma. Questo schema è estremamente primitivo, ma fornisce un'idea schematica di come possa funzionare una unità di riverbero.

Riverberatore di Shroeder






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