Le malattie dei contadini

Negli strati più poveri della popolazione le difficili condizioni di vita causarono la diffusione di molte malattie dovute e alla carente e scarsa alimentazione dei contadini e ai malsani spazi abitativi in cui vivevano le classi subalterne. Tifo e colera imperversavano in tutta Italia e nella seconda metà dell’Ottocento causò molte vittime anche la tubercolosi che fu provocata dall’umidità delle abitazioni e dalla malnutrizione dei più poveri. Il rischio di contagio di queste malattie infettive era elevatissimo, in quanto nuclei familiari cospicui vivevano in pessime condizioni igieniche ed in luoghi angusti e ristretti, ove era improbabile non contrarre il male. Nelle campagne del Sud si moriva anche di malaria che si scoprì essere trasmessa dalla zanzara anofele, un insetto che si ritrova nelle paludi e in presenza delle acque stagnanti. Solo agli inizi del Novecento con il chinino si riuscì a sconfiggere questo male che, però, scomparve definitivamente solo nella seconda metà del XX secolo. La pellagra o “male della rosa” o “male della miseria” nel Mezzogiorno si estese solo nelle zone in cui si produceva il granturco il cui abuso determinava l’insorgenza del morbo che da un iniziale arrossamento ed indurimento della pelle si evolveva, provocando gravi disturbi dell’apparato digerente e devastanti problemi psichici come le allucinazioni.