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Il lager di Fenestrelle




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Un milione di morti dovuti alla repressione consumata all’indomani dell’Unità d’Italia dai Savoia, si tratta della prima “pulizia etnica” operata sulle popolazioni meridionali all’indomani della Legge Pica del 1863. Massacri anche di vecchi, donne e bambini si susseguirono senza interruzione, dando vita ad un genocidio con migliaia di vittime. Lo storico Lemkin sosteneva che “il genocidio designa un piano di azioni miranti a distruggere i fondamenti essenziali della vita dei gruppi nazionali. Obiettivi di un siffatto piano sarebbero la disintegrazione delle istituzioni politiche e sociali, della cultura, della lingua, dei sentimenti nazionali, della religione di intere etnie e la distruzione della sicurezza personale, della libertà, della salute e della dignità degli individui.” Una pagina triste e poco nota della nostra storia umana interessa proprio la reclusione, la persecuzione, la fucilazione di massa e, perfino, lo stupro di bambine figlie di briganti per mano dell’esercito sabaudo. Migliaia di contadini del Sud furono concentrati nelle carceri, quelli deportati a Fenestrelle, fortezza situata a duemila metri, sulle montagne piemontesi, subirono il trattamento più feroce. Qui vennero rinchiusi i ribelli meridionali, gli assassini e tutti i militari che dichiararono aperta resistenza ai Piemontesi. Fenestrelle era costituita da un insieme di forti protetti da altissimi bastioni, tutti uniti da una scala; era una ciclopica cortina bastionata che spaventava tanto quanto la Siberia. I segregati venivano lasciati in questo orribile luogo senza pagliericci né coperte, né luce; vennero smontati i vetri e gli infissi delle finestre, perché i rinchiusi fossero esposti al freddo e alle intemperie climatiche. Gli imprigionati spesso non sapevano nemmeno di cosa fossero accusati, molti non furono registrati e solo dopo anni si è scoperto che erano deceduti a Fenestrelle, ove pochissimi, infatti, riuscirono a sopravvivere; la liberazione avveniva solo con la morte ed i corpi venivano disciolti nella calce viva collocata in un’immensa vasca posta all’ingresso del Forte. Ancora oggi, entrando nella fortezza, su un muro è visibile un’iscrizione che ricorda tanto i motti dei nazisti: “Ognuno vale non in quanto è, ma in quanto produce”. Il “lager” di Fenesrtelle costituì per tanti meridionali l’ultimo approdo, l’estrema, ignobile conseguenze per coloro che avevano creduto nella libertà e avevano combattuto per ridare dignità al nostro afflitto Sud.