Carmine Crocco
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Carmine Crocco, detto Donatello (Rionero in Vulture, 5 giugno 1830 – Portoferraio, 18 giugno 1905), è stato un brigante e rivoluzionario italiano, tra i più noti e rappresentativi del periodo risorgimentale. Era il capo indiscusso delle bande del Vulture-Melfese, sebbene il suo controllo si estese anche ad alcune dell'Irpinia e della Capitanata. Le sue scorribande si estesero fino al Molise, alle zone di Avellino, Foggia, Bari e Lecce. Nel giro di pochi anni, da umile bracciante divenne comandante di un esercito di duemila uomini, guadagnandosi appellativi come "Generale dei Briganti" o "Generalissimo", combattendo prima nelle file di Giuseppe Garibaldi, poi con la resistenza borbonica e infine per se stesso. La consistenza del suo esercito fece della Basilicata il cuore della rivolta antisabauda. In circa quattro anni di latitanza, Crocco fu uno dei più temuti e ricercati fuorilegge del periodo post-unitario e su di lui pendeva una taglia di 20.000 lire. Tuttora al centro di pareri discordanti, è considerato un bandito e carnefice per alcuni e un eroe popolare per altri, soprattutto per gli antirisorgimentali del Sud Italia.
L'opposizione alla Camera fu serrata da parte di tutta quella parte democratica del Governo che aveva dato credito alle conclusioni della Commissione Parlamentare d'Inchiesta, inviata in Basilicata per cercare una soluzione al problema, questa aveva terminato la sua esposizione dichiarando che la ribellione dei briganti era in fondo "la protesta selvaggia e brutale della miseria contro antiche e secolari ingiustizie". Nonostante l'opposizione del Massari e del De Sanctis, la legge Pica venne approvata, ottenendo il doppio risultato di affermare l'egemonia delle forze conservatrici rispetto a quelle democratiche e di accrescere la violenza dei briganti, contro i quali il Governo dovette impegnare complessivamente 120.000 soldati in una guerra costosissima per il paese, sul piano sia economico che morale. Il comando delle truppe venne affidato al generale Pallavicini, lo stesso che aveva fermato Garibaldi sull'Aspromonte, mentre il Prefetto di Potenza Veglio completava la linea telegrafica di collegamento tra il capoluogo e Tricarico, Matera, Melfi e Lagonegro. Il 13 marzo del 1864 veniva catturato e fucilato presso Avigliano il comandante dei briganti Ninco Nanco mentre per la defezione di Giuseppe Caruso, il Pallavicini riuscì a sorprendere la banda di Crocco sull'Ofanto il 25 luglio.Ciò nonostante l'imprendibile Crocco riuscì a fuggire con undici dei suoi ed a raggiungere incolume i territori dello Stato Pontificio credendosi in salvo, ma così non fu; il clima politico era cambiato e proprio Pio IX, come egli stesso testimoniò più avanti, dopo la cattura avvenuta a Veroli per mano delle truppe papali, fece rinchiudere Crocco nelle carceri nuove di Roma. Così terminavano gli anni più accesi della lotta brigantesca e Carmine Donatelli, detto Crocco, condannato a morte a Potenza l'11 settembre del 1872, riuscì a scontare il carcere a vita nel bagno di Portoferraio dove divenne uomo di lettere e qui dettò le sue memorie.