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Progetto Icaro 2007 - Iti "G.Marconi", Nocera Inferiore, Salerno

 

Itinerario lungo sulle tracce della via popilia, tra eremi e castelli

 

Lungo il crinale meridionale del monte Sant'Apollinare, sopra il tunnel dell'autostrada che collega Caserta a Salerno, una cesura netta nella nuda roccia è quanto resta del percorso di una strada antica, la via Popilia: l'importante arteria romana tracciata intorno al II secolo a.C. per facilitare i collegamenti tra i centri economici di Capua, Nuceria Alfaterna e la Calabria. II locus, definito da tempo immemorabile, Passo dell'Orco, oggi negletto ed abbandonato, costituisce l'ideale punto di partenza alla scoperta dell 'Apudmontem, ovvero le terre della media Valle del Sarno, circondata dalla corona dei monti intorno ai comuni di Castel San Giorgio, Roccapiemonte e Siano.
Al centro, svetta il Solano, "...un monte a forma di pan di zucchero, (...) sormontato dal castello di Materdomini", così, lo aveva apostrofato, a metà Ottocento, l'anonima viaggiatrice inglese del nostro primo itinerario. Sul costone destro del Passo si erge un monumento funerario, databile al I secolo a.C. ritenuto a lungo una torretta d'avvistamento, per scrutare nell'antichità, l'arrivo di incursori.
Muovendoci da qui, tenteremo un' escursione diversa, dopo vie di terra ed un percorso fluviale, useremo stavolta un cavallo ed i piedi, "...il mezzo più semplice ed il più economico".
L'11 settembre del 1847, lo scrittore e paesaggista Edward Lear annota nel diario: "In treno raggiungemmo Nocera da dove, al prezzo di due ducati, prendiamo una 'caratella' che ci porti ad Avellino, capoluogo del Principato Citeriore (...). Quanti pochi luoghi si possono scegliere sulla carta d'Italia e restare, tuttavia, sorpresi di trovarvi bellezza e interesse!". Da Avellino, Lear proseguirà il viaggio verso la Basilicata, a piedi, in compagnia di Lord John Proby - sottolinea Vincenzo Pepe, nell'eccellente versione italiana del testo - ed un unico cavallo per trasportare il bagaglio. II loro viaggio durò poco meno di due mesi, ripresero il treno di nuovo a Nocera il 4 ottobre dello stesso anno.

Niente paura, la nostra cavalcata/passeggiata sarà più breve, tra palazzi, chiese, eremi e castelli.
Scendendo a valle, la presenza dei ruderi di ville rustiche, in località Cappella di Paterno, poste ai limiti dei comuni di Sarno e Castel San Giorgio, conferma la grande vocazione agricola del sito, testimoniata dallo stupendo palazzo barocco dei baroni de' Conciliis, una sorta di masseria fortificata.
Altri resti significativi appartengono all'acquedotto augusteo. Attraversa buona parte di Castel San Giorgio, facendo affluire l'acqua dalla sorgente Pelosi del Serino a Puteoli ed a Misenum. Le sue tracce sono visibili in più punti a Paterno dove blocchi di tufo grigio ricoprono gli sfiatatoi d'ispezione. Avanzi di un santuario extraurbano, forse d'epoca ellenistica, si intravedono sulla sommità di Sant'Apollinare, dove, intorno al 760, il principe Arechi fece edificare la fortificazione di Santa Maria a Castello, un'autentica barriera difensiva contro i Saraceni. Secondo lo studioso Federico Cordelia, avendoli assoldati i duchi di Napoli, durante la guerra ai principi salernitani, verso la fine del IX secolo avevano invaso questi monti con frequenti e terribili incursioni. Persa, ben presto, la vocazione militare, il complesso fu trasformato in eremo e la chiesa palatina fu posta sotto la giurisdizione del vicino Convento di Materdomini. L'ascesa all'eremo allarga l'orizzonte, fino al baluardo del monte Liberatore di Cava de' Tirreni, a meridione, per aprirlo al golfo di Salerno e, ad occidente, al sinus eccentrico di Napoli, dove, incontrastato e pittoresco, domina lo sterminator Vesevo.
A nord est, sulla cima della collina Montecastello, vi è quel che resta del mastio di Castel San Giorgio, appartenuto già nel 1087 a Roberto, figlio di Torgisio de Cripta. Sono gli anni in cui cominciano a comparire, in questi luoghi, i castelli che ne connotano le aguzze vette dei monti, determinando per tutto il medioevo la storia e le sorti della valle posta al centro. Tre cinte murarie, feritoie e torrette quadrate difesero il luogo fino all’eta aragonese, quando la costruzione di una torre tonda e strutture nuove, rappresentarono l'adeguamento della fortificazione a tecniche militari più sofisticate e moderne.
Alle pendici della collina, si incontrano numerosi palazzi nobiliari che hanno utilizzato il declivio naturale per impiantare, sui piani terrazzati, giardini ed agrumeti. E’ il caso di Palazzo Calvanese, da poco restituito alla collettività grazie ad oculati restauri, che sfruttando tale posizione fu fornito di un particolare impianto a caduta per l'irrigazione del giardino.
Se la teoria di finestre e balconi, lungo la facciata, ha perso l'andamento sinuoso e mosso delle decorazioni barocche della struttura antica, tuttavia, il giardino posteriore, cui si accede attraverso una piccola corte interna, conserva il disegno originario, calligrafico e romantico.
Assiale è la minuta fontana, sistemata in una prospettiva gradiente, da cui si dipartono balze, ricolme di aromatiche essenze, tra finte rovine classiche -autentiche quinte architettoniche- e l'intrico di piccole scale asimmetriche, verso arcadiche costruzioni merlate, dalle ampie aperture ad archi a sesto acuto. Due leoni marmorei, a guardia di un ripidissimo vialetto, immettono al bosco, verso ulteriori sentieri, più riparati e segreti.
Siamo a Lanzara, piccola frazione dell'esteso comune. L'elegante borgo ha conservato, nelle dimore settecentesche, spesso non violate da superfetazioni edilizie, tra cui spicca Palazzo Lanzara, quell' aura di aristocratico distacco che ancor oggi avvertiamo nelle sue strade e nella discrezione o nella grandiosità dei palazzi.
Proseguiamo, stavolta ad oriente, percorrendo la strada per Siano, alla ricerca di un "imponente dipinto, con sovrapposta cimasa raffigurante l'Eterno Padre", posto nella Chiesa della Congrega del Salvatore, ad Aiello, altro nucleo abitativo di Castel San Giorgio.
Qui, nel piccolo complesso, arroccato su un altro rilievo, entro una magnifica cornice dorata, campeggia la Madonna di Loreto, tra uno stuolo di figure angeliche, San Sebastiano carnale e drammaticamente umano, ancorato ad un tronco e San Rocco sul lato destro, con il fido cane accanto. L'opera datata al 1588, è attribuita al pittore napoletano Leonardo Castellano, attivo durante ed oltre la meta del XVI secolo. II dipinto, meritevole di un urgente ed accurato restauro, è stato accostato dalla critica, al disegno preparatorio della Madonna di Loreto ed Adorazione dei Pastori conservato alla Windsor Royal Library di Londra. Ricorda Carmine Zarra, in un interessante lavoro sulla produzione pittorica del Cinquecento nell'Agro Nocerino, che "Secondo la tradizione, documentata a partire dal 1472, questo luogo santo sarebbe sfuggito alla distruzione dei Saraceni, grazie agli angeli, che lo trasportarono fino a Loreto. La Santa Casa diveniva così meta di un pellegrinaggio sempre più intenso".
Poco lontano, verso settentrione, ci immettiamo nella bella valle di Siano che "...si presenta allo sguardo con il fascino del verde intenso dei suoi folti castagneti e dei nocciuoli". La definizione data da Ottavio Caputo, nella Storiat del Ducato di Siano, è avvalorata dalla cavalcata nel Bosco Borbone, tra roverelle e castagni, felci, ginestre dei carbonai e mirti: un bosco ceduo attrezzato per la sosta piacevole, tra i sentieri, al riparo della calura estiva, dove si impongono i resti litici dei maestosi Regi Lagni Borbonici, le opere di ingegneria idraulica atte a contenere le piene primaverili ed autunnali, salvando in tal modo il paese sottostante da rovinose frane. Sul finire dell'inverno, il sottobosco si tinge dei colori muschiati della terra: tra i ricci non raccolti, spuntano anemoni silvestri, ciclamini e mughetti. Più a valle, in primavera, gemmano i ciliegi, nei giardini entro ed ai margini del centro storico dove, troviamo pregevoli opere d'arte, nelle Chiese dei Santi Sebastiano e Rocco e dell'Annunziata. Nella prima, dalla sobria facciata di gusto neoclassico, campeggia, sull'altare maggiore, il dipinto del pittore napoletano Michelangelo lannacci, eseguito nel 1794, con la Vergine in gloria tra i due Santi patroni.
Spicca, inoltre, la personalità di Costantino Desiderio pittore nativo di Angri che esegui nel 1794 quattro tele, di cui ne rimangono due, recentemente restaurate: un Sant'Antonio da Padova con Madonna e Bambino e la Madonna delle Grazie con le anime del Purgatorio. L'opera d'arte però, più esemplare, per forza evocativa, è l’affresco, distaccato e rimontato su tela, di Santa Maria della Consolazione tra San Sebastiano e San Leonardo, proveniente dalla cappellina ipogea dell'Annunziata e sistemato nell'attuale cappella del Battesimo, all'interno della moderna ed omonima chiesa parrocchiale. L'affresco faceva parte di una più vasta superficie pittorica. Databile al pieno XV secolo, al momento non è stato ancora indagato in maniera esaustiva, ma colpisce per la freschezza compositiva e cromatica, nonostante talune ingenuità stilistiche.
Da Siano, costeggiando Castel San Giorgio, ci soffermiamo a Casali, piccola frazione di Roccapiemonte, dove nella Chiesa di Santa Maria delle Grazie e conservata la Madonna di Costantinopoli con i Santi Bartolomeo e Nicola di Bari, uno dei capolavori di Angelo Solimena, databile intorno al 1671. Le fa da contralto, una superba Madonna del Rosario, autentica pastiche settecentesca, ricavata unendo le figure tratte da due opere di Francesco Solimena: la omonima Madonna - forse in origine proveniente da Casali - confluita nel 1971 alla Gemaldegallerie di Berlino e il San Michele del Duomo di Sarno. Dunque, da qui, risaliamo i terrazzamenti della dorsale collinare, alle cui pendici gli antichi hanno estratto per secoli il prezioso tufo grigio dai riflessi argentei, verso il castello sulla sommità del Solano. Costruito nel 1042 dal principe di Salerno, Guaimario IV, fu risistemato in epoca angioina e dopo varie vicissitudini, venduto, con tutto il feudo di Roccapiemonte ad Antonio Ravaschieri, duca di Satriano poco dopo la meta del Seicento. Rimangono ampie tracce delle tre cinte murarie ad andamento concentrico che circondano la sommità del monte, resti della merlatura e della porta escea. Testimoniano tuttora l'importanza strategica avuta durante il Medioevo.
Di fronte, "appollaiato sulle falde di una massiccia muraglia rocciosa denominata Caruso" si erge l'Eremo di Santa Maria de la Fracta detto Santuario di Santa Maria di Loreto, fondato intorno al XII secolo e rimaneggiato nel corso del tempo. II complesso è ancora, scrive Mario Vassalluzzo, eminente storico dei luoghi, meta di un devoto pellegrinaggio "sollievo per lo spirito affaticato e per il corpo intristito dai miasmi dei centri abitati". A valle, in posizione più arretrata rispetto al corso Mario Pagano, autentico cuore pulsante dell'operosa cittadina, incontriamo l'ultima tappa del nostra iti-nerario, la residenza dei Ravaschieri, duca di Roccapiemonte.
Immersa tra lecci secolari, platani e palme, la villa dallo splendido profilo neogotico, contrassegnato da grandi monofore e bifore, ha perso lo smalto degli anni in cui la dimora costituiva il buen retiro della potente famiglia. Restano solo i sarcofagi marmorei, all'interno dell'annessa Cappella dell'Addolorata, progettata nella seconda decade del Settecento dal celebre architetto Ferdinando Sanfelice, a testimoniare passate e più auguste vicende.