La decisione di giustiziare Mussolini fu presa nell'arco di poche ore, in un contesto in cui era molto difficile poter comunicare con Roma e far riunire il Comitato di Liberazione Nazionale. I partigiani che avevano condotto l'operazione di cattura riuscirono ad informare con mezzi di fortuna (i telefoni di una società idroelettrica) il comando di Milano, che mandò subito un reparto di partigiani appena arrivati dall'Oltrepò Pavese ed alcuni emissari politici (Aldo Lampredi, Pietro Vergani e Walter Audisio). Il ruolo del CLN di Milano nell'esecuzione di Mussolini non è in ogni modo del tutto chiaro, e pare che alcuni membri dello stesso siano stati informati a cose fatte.
In quei giorni era stato comunque emesso un comunicato del CLN nel quale si esprimeva la necessità di una rinascita sociale e politica dell'Italia, attuabile solo attraverso l'uccisione di Mussolini e la distruzione di ogni simbolo del partito fascista. Il documento era a firma di tutti i componenti del CLN (Partito comunista, il Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria, Democrazia del Lavoro, il Partito d'azione, la Democrazia cristiana, il Partito liberale italiano).
L'esecuzione fu eseguita il 28 aprile 1945; secondo la versione ufficiale, Mussolini fu fucilato, assieme a Claretta Petacci, a Giulino di Mezzegra, nei pressi di Dongo. I tempi e i modi dell'esecuzione furono dettati anche dalla volontà di evitare interferenze da parte degli alleati che avrebbero preferito catturare Mussolini e processarlo davanti ad una corte internazionale.
Nel frattempo a Dongo, un altro gruppo del reparto di partigiani delle Brigate Garibaldi sopraggiunti dall'Oltrepò Pavese giustiziava i gerarchi del seguito di Mussolini, tra i quali il filologo Goffredo Coppola (allora rettore dell'università di Bologna), Alessandro Pavolini (segretario del PFR), Nicola Bombacci (che era stato uno dei fondatori del Partito Comunista d'Italia e aveva successivamente aderito alla RSI), il Ministro dell'economia Paolo Zerbino, il Ministro della cultura popolare Ferdinando Mezzasoma, e Marcello Petacci (fratello di Claretta) che si era unito alla colonna a Como.
I cadaveri di Mussolini, della Petacci e degli altri fascisti giustiziati furono poi trasportati a Milano e scaricati in piazzale Loreto, nello stesso luogo dove l'anno precedente erano stati fucilati e lasciati esposti al pubblico per un'intera giornata quindici partigiani (come rappresaglia per un attentato contro un camion tedesco). Sulla piazza una folla tumultuante si andò ingrossando allo spargersi della notizia; alcune persone presero ad insultare i cadaveri, infierendo su di loro con sputi, calci ed altri oltraggi, accanendosi in particolare su Mussolini. Il servizio d'ordine, composto di pochi partigiani e vigili del fuoco, al fine di sottrarre i corpi allo scempio e consentirne la visione da tutta la piazza, decise di appenderli a testa in giù alla pensilina di un distributore di benzina. Ai cadaveri si aggiunse poco dopo quello di Achille Starace, già segretario del PNF ma privo di cariche nella RSI, fermato poco distante e giustiziato sul posto. Dopo alcune ore, i corpi vennero rimossi e portati via su pressione delle autorità militari alleate, preoccupate per la tutela dell'ordine pubblico.
Sulla morte di Mussolini si sono prodotte nel tempo varie congetture e teorie che hanno messo in dubbio molti punti della versione dei fatti fornita dal Colonnello Valerio (Walter Audisio) - il comandante partigiano che ebbe l'incarico di eseguire la decisione del CLN - considerata da alcuni un resoconto inattendibile. Secondo una di queste ipotesi alternative, l'incarico sarebbe stato attuato dal partigiano Bruno Giovanni Lonati, insieme ad un agente segreto britannico che desiderava impossessarsi del misterioso carteggio che il duce aveva avuto con Churchill, compromettente per quest'ultimo. Si spiegherebbe così la presenza di Churchill sul lago di Como subito dopo la guerra. Secondo altre versioni, l'esecuzione avvenne ad opera di importanti dirigenti politici del CLN ai quali Walter Audisio avrebbe fornito la necessaria copertura.
L'uccisione di Mussolini e della Petacci, e la decisione di esporre i corpi al pubblico ludibrio, ricevettero successivamente numerose critiche anche da parte di esponenti della Resistenza antifascista. Lo stesso Ferruccio Parri, capo del CLN, definì la vicenda "uno spettacolo da macelleria messicana". Ancora oggi alcuni interrogativi restano aperti, sulla legittimità dell'accaduto e sulle motivazioni che vi condussero. Non è possibile tuttavia esprimere una valutazione univoca e oggettiva, che non tenga conto delle circostanze e del contesto storico. Il solo dato di fatto che si può osservare è che in Italia non fu celebrato un processo giudiziario nei confronti dei gerarchi fascisti paragonabile a quello tenutosi a Norimberga contro il Nazismo. Un simile processo, pur con tutti i suoi limiti, sarebbe comunque potuto risultare espressione di un giudizio al di sopra delle parti. Poco dopo la fine della guerra, la salma di Mussolini fu trafugata dal Cimitero di Musocco ad opera di un gruppo di fedeli definitisi "SAM-Squadre d'Azione Mussolini" e capitanati da un certo Domenico Leccisi.
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