Nella terza strofa viene
delineata la figura amena di Pisacane con i capelli d’oro, non a
caso l’oro è il colore delle spighe e, non a caso, gli occhi azzurri
riprendono la cromaticità del mare; ebbene, tra i trecento patrioti
era lui che spiccava per una bellezza fisiognomica non dissimile
alla bellezza ed elevatezza morale. La povera spigolatrice si avvicina
all’uomo per chiedergli il perché del suo viaggio e riceve una risposta
che sigilla la volontà di lottare e morire per una “Patria bella”;
è singolare pensare che nel 1857 non vi era nessun accenno di patria,
eppure, il sentimento dell’unità era più forte, più radicato negli
animi rispetto alla stessa realtà geografica: non c’era più frattura,
regione, città, ma un’unica e sola terra di tutti dalle Alpi alla
Sicilia. La quarta stanza è dedicata all’excursus storico della
spedizione, in quanto vengono qui ripercorsi i due scontri dei patrioti
con le armate borboniche, il primo dei quali avvenne presso Sala
Consilina ed il secondo decisivo fu caratterizzato dalla rivolta
della popolazione locale che si unì all’esercito regio nei pressi
di Sanza a pochi chilometri dalla splendida Certosa di Padula. In
questo secondo combattimento, Pisacane, Nicotera e i pochi superstiti
assaliti da un gruppo molto più numeroso di uomini sentirono il
peso della sconfitta e lo stesso Pisacane fu ferito gravemente nello
scontro. La presenza dei termini trombe e tamburi sancisce ancora
una volta il sentimento quasi gioioso con cui si affronta la battaglia,
sembra che si annunci un momento di festa e letizia e non un sacrificio
di vite umane; in effetti, anche questi versi non tradiscono l’impeto
di vittoria, la voglia di salvezza che persiste nel cuore degli
eroi. A contrastare questi rumori di esaltazione irrompono gli spari
e le scintille , sinestesia che anticipa la morte e la tragica fine
dello scontro. Nell’ultima strofa incalza ancora il tono eroico
e si apre un panorama di morte che non perde mai di vitalità ed
energia. Il pathos cresce come il valore dell’iperbole dei trecento
che paiono tremila, pronti tutti a morire. E sul suolo ormai già
ricoperto di sangue i nostri liberatori cadono ad uno ad uno e tra
loro non spiccano più quegli occhi azzurri e quei capelli d’oro.;
termina così l’eroica impresa del “bel capitano” che lascia ai posteri
un sogno da realizzare e per il nostro Sud un desiderio sempre più
forte di un riscatto morale e civile che non tarderà ad arrivare.
Pagina Precedente