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Giuseppe Garibaldi: il mito e l’antimito
Non solo il fascismo, tuttavia, “sfruttò” l’immagine di Giuseppe Garibaldi: infatti anche i movimenti antifascisti rivendicarono i lori legami con la sua figura. Il movimento “Giustizia e Libertà”, fondato nel 1929 da Carlo Rosselli, vide nel nizzardo l’eroe della libertà, a cui tutti quanti dovevano ispirarsi nella lotta al fascismo. Poi anche nel 1930 Pietro Nenni pubblicò in Francia un libro sul “Padre della Patria”, intitolato: Le libérateur en chemise rouge (Il liberatore in camicia rossa); qui il Garibaldi di Nenni è quello che, nel 1880, nella lettera con cui rifiutò il posto in Parlamento, afferma di aver sognato tutta un’altra Italia, che non doveva essere sola unita, ma soprattutto doveva essere libera. Impossibile non trovare poi richiami alla sua eredità rivoluzionaria durante la Resistenza italiana al nazismo: nel 1943 gli fu intitolata una brigata d’assalto, di ispirazione comunista e capeggiata da Luigi Longo. Successivamente, dopo la nascita della Repubblica italiana, precisamente per le elezioni politiche del 18 Aprile del 1946, il Fronte Democratico Popolare (coalizione social-comunista), scelse come emblema il voto di Garibaldi, visto per l’ennesima volta quale simbolo di libertà e giustizia. Quindi, possiamo affermare con sicurezza che Garibaldi fu molto bravo nella costruzione del suo personaggio, ma soprattutto egli era dotato di una grande versatilità che gli faceva modificare gli atteggiamenti a seconda del contesto in cui si trovava. Non possiamo nascondere, tuttavia, che lui ci mettesse una grande volontà nel raggiungimento dei suoi scopi. La figura di Garibaldi ha molti risvolti ambigui, che fanno pensare che non sia stato volutamente lui l’artefice morale e politico dell’unificazione nazionale. Quindi è doveroso rispolverare una memoria storica degli avvenimenti di quegli anni che sono stati, per lo più, cancellati o volutamente dimenticati. Garibaldi era essenzialmente appoggiato e finanziato dalla massoneria, anch’egli stesso fu massone dall’età di 37 anni e in meno di 20 anni aveva scalato i vertici della società segreta, fino a diventare “Gran Maestro” della loggia e fu proprio grazie all’aiuto delle logge, al loro appoggio economico e alle loro abili azioni di propaganda, che Garibaldi attuò la sua metamorfosi, trasformandosi da improbabile rivoluzionario a generale dei Savoia, da pirata e avventuriero a “Padre della Patria”. In effetti, Garibaldi era considerato un “nemico della patria” e su di lui pendeva la pena capitale per il reato di sovversione, ma riuscì a fuggire dall’allora Stato piemontese e arrivò a Tunisi, dove ebbe il suo primo contatto con la massoneria.

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