Storia delle mnemotecniche

Il nome deriva dalla dea greca Mnemosine, la memoria, madre delle Muse, che proteggono l'arte e la storia. La dea memoria dà a poeti e saggi la capacità di tramandare il passato, e conferisce una forma di immortalità agli uomini le cui gesta vengono ricordate.
Le tecniche di memorizzazione erano molto importanti prima della diffusione dell'alfabetizzazione, poiché la conoscenza e la tradizione culturale venivano tramandate oralmente.
È nel De oratore che Cicerone racconta la leggenda di Simonide di Ceo, l'inventore dell'arte della memoria: Simonide, sfuggito miracolosamente al crollo di una sala in cui si trovava a banchettare con altri invitati, seppe identificare i corpi dei vari commensali, resi irriconoscibili dalle ferite, ricordandosi del posto che occupavano a tavola. Da questo evento Simonide ricavò l'importanza dell'ordine e delle immagini per la memoria:
Cicerone

« Egli [Simonide], pertanto, a quanti esercitino questa facoltà dello spirito, consiglia di fissare nel cervello dei luoghi e di disporvi quindi le immagini delle cose che vogliono ricordare. Con questo sistema l'ordine dei luoghi conserverà l'ordine delle idee, le immagini delle cose richiameranno le cose stesse, i luoghi fungeranno da tavolette per scriverci sopra e le immagini serviranno da lettere con cui scrivere. »
(M. T. Cicerone, Dell'oratore, a cura di A. Pacitti, 3 voll., Zanichelli, Bologna 1974, vol. II, libro II, LXXXVI, 354.)

Questa metafora dei luoghi come tavolette di cera e delle immagini come lettere dell'alfabeto è anche presente sia nella Rhetorica ad Herennium dello pseudo-Cicerone che nell'Institutio oratoria di Quintiliano, e definisce in modo inequivocabile la caratteristica essenziale dell'arte della memoria:
un uso di luoghi e di immagini che tenga conto di un certo ordine. È lo stesso Cicerone a spiegarci il senso di questa arte particolare e a chiarire quelli che sarebbero i suoi fondamenti ultimi:

« Ben vide Simonide o chiunque ne sia stato l'inventore che le impressioni trasmesse dai nostri sensi rimangono scolpite nelle nostre menti e che di tutti i sensi il più acuto è quello della vista. Per cui dedusse che la memoria conserva molto più facilmente il possesso di quanto si ascolta o si pensa quando le loro sensazioni entrano nel cervello con l'aiuto della vista. In questo modo la rappresentazione con immagini e simboli concretizza le cose astratte ed invisibili con tanta efficacia, che riusciamo quasi a vedere realmente mediante immagini concrete quel che non siano capaci di percepire col pensiero. »
(M. T. Cicerone, Dell'oratore, cit., II, LXXXVII, 357)

Dunque è per queste ragioni che Cicerone pensa che noi faremmo bene a cercare di utilizzare immagini e figure concrete per rappresentarci idee astratte ed invisibili, affinché ci sia possibile ricordarci di queste ultime con una maggiore facilità e rapidità. Le immagini, chiariscono tutte e tre gli autori citati, possono essere valide per ricordare sia “cose” (res, cioè idee, concetti) sia “parole” (verba), e risultano quindi utili sia al momento del ritrovamento degli argomenti (inventio), sia a quello dell'adattamento delle parole alle cose scoperte (elocutio).
Per quanto riguarda poi le indicazioni che danno i tre autori a proposito dei luoghi e delle immagini, esse sono piuttosto varie e poco precise: la caratteristica principale che questi devono avere è quella della chiarezza, della semplicità e dell'ordine, dal momento che luoghi ed immagini devono essere visti immediatamente dagli “occhi dell'immaginazione”. Allora per i luoghi si potranno utilizzare spazi aperti o chiusi, case o piazze; per le immagini animali, oggetti, persone, statue...
Particolarmente interessanti a questo proposito sono le indicazioni date dall'autore dell'Ad Herennium, il quale consiglia la creazione di “immagini agenti” («agentes imagines»), immagini che cioè facciano un qualche effetto per la loro bruttezza o bellezza, comicità o oscenità, e risultino in questo modo più memorabili. E dicendo queste cose l'autore dell'Ad Herennium pensa soprattutto ad immagini umane che con le loro azioni ed con i loro atteggiamenti possano meravigliare, intimorire, divertire. D'altronde Cicerone consiglia in particolare all'oratore l'uso di maschere e di personaggi teatrali, in quanto particolarmente efficaci al fine di ricordare il più rapidamente possibile determinati concetti ed idee:
« Più propria dell'oratore è la memoria delle cose; e questa possiamo annotarla mediante alcune maschere [«singulis personis»] ben disposte, in modo tale da poter afferrare i pensieri per mezzo delle immagini e l'ordine per mezzo dei luoghi. »
(M. T. Cicerone, Dell'oratore, cit., II, LXXXVIII, 359)