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![]() Come ogni tanto succede un navigatore mi scrive - Giorgio D'Auria, .... I morti forse superano il migliaio, considerato che solo Pontelandolfo aveva circa 5.000 abitanti (seguono "complimenti immaginabili di prammatica") e mi contesta parte delle affermazioni fatte sopra, che per accessibilità alla rete anche ai più giovani non ho inteso sciorinare nella sua violenza e che ora mi trovo costretto ad accennare. Non sono innamorato dello scoop alla Pansa che fa del singolo il generale (ma quella di Pansa oltre che una provocazione è una questione economica). Nei capitoli già pubblicati ognuno ha avuto i suoi meriti e chi non li ha avuti, c'era a mio modesto avviso il motivo che non li avesse. A Pontelandolfo le cose si spinsero per entrambi gli schieramenti oltre i limiti dello scontro fisico allora imperante. Il "patriottismo" se cosi lo si vuol definire fatto da ex soldati, ufficiali legati alla causa monarchica di Francesco II e del Papa Re ci poteva anche stare, pur non avendo alcun piano politico predeterminato alle spalle. Qualcuno a volte parla di colonialismo da parte dei Piemontesi, ma il colonialismo c'è quando un paese conquistato non ha poi diritto al voto e non fu questo il caso. Colonialismo c'è quando sono gli occupanti a conquistare i gangli vitali della amministrazione, ma anche questo non è vero perché fu il contrario, furono i meridionali ad impossessarsi dello stato. Ma torniamo all'episodio in se che ha corso dai primi giorni di agosto del 1861, con schermaglie violente fra le stesse forze locali contrapposte (reazionari e antireazionari a significati invertiti) che si affrontano aizzate dal clero, la cui funzione non venne mai disconosciuta dai vertici romani e dallo stesso pontefice che ora vorrebbero fare santo. Non ritengo di aggiungere nient'altro lasciando al lettore le conclusioni. E la strage ebbe inizio...... parole di Cosimo Giordano il bandito dal carcere al Presidente della Corte d'assise di Benevento il 23 aprile 1884 (Cosimo Giordano nato a Cerreto Sannita ex carabiniere a cavallo dell'esercito borbonico, combatté contro i piemontesi. Catturato nel 1882, morì in carcere nel 1887 ) "Ill.mo Sig. Presidente, il sottoscritto, nel momento dello esame, mi sono dimenticato di accennarli il caso strano della morte di quarantasei soldati(ndr: piemontesi), che furono trucidati in Pontelandolfo. Io le darò le spiegazioni di come fu successo il fatto. Io mi trovava sulla montagna di Morcone colla mia banda, quando le mie sentinelle mi chiamarono, dicendomi "vediamo venire due a tutta corsa e facendo segni con le mani", e dicevano "sono arrivati quarantasei soldati al paese. "E che cosa l'avete fatto?" "Li siamo ligati, e siamo venuti per sapere cosa volete fare". Io ho risposto: "Andate subito, e ditegli da parte mia che non gli facciate nessun oltraggio, che io sarò subito appresso di voi". Così partirono essi avanti e noi appresso, quando, arrivato a Pontelandolfo, domandò: "Dove sono?". Mi fu risposto che erano stati presi e portati in una grotta distante dal paese, e li hanno fucilati; ed io fu tanto dispiaciuto che li risposi: "Malvagi che site, perché avete fatto questa viltà a que' poveri disgraziati, che quelli erano soldati che avevano preso il giuramento come noialtri, per cui devono servire il comando de' loro superiori: ma è sicuro che un giorno vi pentirete di questo torto che avete fatto ad essi ed a me". Ed io partii con la banda sulla montagna. Dopo qualche giorno fui chiamato che m'avessi portato in Pontelandolfo. Subito discesi con 250 della mia banda, e mi dissero che avevano avuto la spia che venivano 250 soldati da Solopaca. Io mi accampò al di fuori del paese presso le sentinelle, rimasto d'accordo, che quando venivano i soldati, di far suonare le campane all'arma, e così sarebbero accorsi tutti quelli della città e quelli della campagna. All'alba della mattina io feci battere la sveglia dalle mie trombe, perché subito scoprii quattro colonne di soldati, e subito capii che era la vendetta che facevano de' quarantasei soldati, e io, per fare pentire gli uccisori del macello fatto a quei poveri infelici, feci sparare qualche colpo, ma poi feci battere ritirata. I soldati entrarono e cominciarono a bruciare le case, ed io non volli più saperne di quel paese. Poi dopo seppi che si facevano molti arresti di giorno e di notte, e li portavano a Cerreto Sannita, e che subito erano fucilati, e così pagavano la loro pena. Il suo subordinato detenuto Cosimo Giordano" Truppa Italiana Colonna Mobile – Fragneto Monforte lì 14 Agosto 1861 ore 7 a.m. - stop- Oggetto: Operazione contro i Briganti: - stop - Ieri mattina all’alba giustizia fu fatta contro Pontelandolfo e Casalduni. - stop- Essi bruciano ancora. Il sergente del 36° Reggimento, il solo salvo dei 46, è con noi. - stop - Divido oggi le mie truppe in due colonne mobili; l’una da me diretta agirà nella parte Nord ed Est, - stop- l’altra sotto gli ordini del maggiore Gorini all’Ovest a Sud di questa Provincia. - stop- Il Luogotenente Colonnello Comandante la Colonna; firmato Negri (probabilmente Pier Eleonoro). Per non lasciare nulla di intentato e per verificare al di là della ferocia gli effettivi numeri della strage mi rifaccio a un testo di parte, come direbbe Gaetano Negri, uscito dalle mani dei Preti. Brani tratti dalla ricerca di Luisa Sangiuolo da: "Il Brigantaggio nella Provincia di Benevento 1860-1880" De Martino, Benevento, 1975
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Tra i documenti più importanti per conoscere i fatti del 14 agosto vi sono i libri dei morti degli archivi parrocchiali dei due paesi, e una memoria scritta dal parroco di Fragneto Monforte. Questi documenti furono redatti da sacerdoti, protagonisti e testimoni oculari di quanto accadde, contemporaneamente ai fatti narrati e sono, quindi, da ritenersi fonti primarie. Nei Registri dei morti di Pontelandolfo e di Casalduni, il 14 agosto 1861 è indicato come il giorno dell'incendio, in quello di Fragneto Monforte, il giorno dell'incendio e del saccheggio. Attraverso la loro lettura diretta cerchiamo di conoscere esattamente il numero delle vittime di quel giorno e quali furono le conseguenze dell'incendio e del saccheggio. Dal progressivo 99 al 110 con un 109 bis del giorno 14 agosto 1861… i morti .. sono 13 (civili), di cui 10 furono uccisi e 3 morirono bruciati. I morti bruciati sono due anziani: di 94 e 89 anni e uno di 55 anni, che morì dopo due giorni. e salto direttamente alle conclusioni. Il parroco, infatti, stigmatizza tutte le azioni degne di biasimo. Per i fatti dell'11 agosto: ritiene inopportuna e poca saggia la decisione di mandare appena 45 soldati a sedare la rivolta non solo in questi due paesi: fu stupido, ed inetto comando di Superiore . . Furono mandati al macello, mandati ad essere uccisi. Il suo giudizio verso gli autori dell'eccidio è durissimo, soprattutto per le donne: Vergogna eterna di Casalduni! Mi si racconta che molte femmine macchiarono le loro mani di sangue umano! Che colpa eravi di sventurati infelici soldati di leva? Il suo grido di condanna è ancora più forte per le decisioni di Torino perché confondendosi il giusto col reo, con novella barbarie fu decretata la distruzione di due Comuni Pontelandolfo e Casalduni! Lapidario ed esemplare è sicuramente il suo giudizio nei riguardi del decreto di Torino che fu senza riflessione, umanità e giustizia. Questi tre passaggi sono veramente degni di nota, e descrivono molto bene l'agire governativo: fu istintivo, disumano e ingiusto. Quello che era necessario, cioè trovare i responsabili dell'eccidio dei soldati e processarli, non fu fatto. Fu scelta l'unica strada da evitare, la strage indiscriminata. La sua condanna continua perché sono da disprezzare anche gli abitanti di Fragneto Monforte, i quali, dopo che la fiera accozzaglia di soldati, e garibaldesi avidi di bottini ha istituito il mercato del bottino di Pontelandolfo e Casalduni, avidamente e per poco denaro hanno acquistato degli oggetti. Non poteva immaginare l'arciprete che l'avidità e la cattiveria umana non si arrestano neanche di fronte alle disgrazie più grandi, e perciò ne resta scandalizzato. Ma l'arciprete, però, non è solo testimone dei fatti; suo malgrado diventa protagonista, come abbiamo già visto. E' da sottolineare, a questo punto, la facilità con cui in questo periodo si poteva essere considerati reazionari, cioè sostenitori dei Borbone, o rivoluzionari, cioè sostenitori dell'unità nazionale. Infatti, con raffinata ironia, don Mastrogiacomo ci fa sapere che il giorno 10 Agosto era un reazionario, il 15 era un rivoluzionario. Stupisce, inoltre, la sua speranza: altro non restasi che preghiere e pazienza; nella tragedia, il sangue versato da innocenti sarà seme di tempi nuovi! Le forze che si contrapposero furono notevoli. Nel 1862 vi erano nell’ex regno 52 reggimenti per oltre 120.000 uomini, 83.927 uomini della Guardia Nazionale, 7.489 carabinieri che si opponevano a 135-140.000 componenti le varie bande. Il bilancio della “rivoluzione italiana” fu drammatico. Non esistono cifre precise, ma quelle più accreditate danno, dal 1861 al 1870, 123.860 fucilati, 130.364 feriti, 43.629 deportati, 41 paesi completamente distrutti; 10.760 briganti condannati all’ergastolo, 382.637 briganti condannati a pene varie. Da parte piemontese le perdite ammontarono a 21.120 soldati caduti in combattimento, 1.073 morti per malaria o malattie o ferite, 820 dispersi. ![]() |
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